AGI - La Cina denuncia minacce di morte e attentati all'ambasciata cinese a Washington, all'indomani della decisione del dipartimento di Stato americano di chiudere il consolato generale cinese di Houston, in Texas. Lo scrive su Twitter la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Hua Chunying. "Come risultato dell'oltraggio e del disprezzo fomentati dal governo degli Stati Uniti, l'ambasciata cinese ha ricevuto un pacco bomba e minacce di morte".
La denuncia di minacce all'indirizzo dei diplomatici cinesi è confermata anche dall'ambasciata negli Usa: "A causa dell'ostinata e sconsiderata stigmatizzazione e della fomentazione del disprezzo da parte degli Stati Uniti", si legge in una nota, "l'ambasciata cinese negli Stati Uniti ha ricevuto minacce alla sicurezza delle missioni e del personale diplomatico cinesi più di una volta".
"È sempre possibile" la chiusura di altri consolati cinesi negli Usa, ha detto il presidente Donald Trump dopo aver ordinato la chiusura del consolato cinese a Houston, in Texas, con l'accusa di spionaggio e altre attività illegali.
"Avete visto cosa è successo - ha spiegato parlando con i cronisti alla Casa Bianca - pensavamo ci fosse un incendio in quello che abbiamo chiuso. Immagino stessero bruciando documenti. E mi chiedo cosa fossero".
Due hacker cinesi accusati di puntare ai segreti dei vaccini
Il dipartimento di Giustizia americano ha intanto accusato due hacker cinesi di aver rubato segreti commerciali del valore di centinaia di milioni di dollari da società di tutto il mondo e più recentemente di aver spostato l'attenzione su aziende che stanno lavorando sul vaccino al coronavirus. Lo ha riferito l'Associated Press
Secondo Washington, gli hacker negli ultimi mesi hanno sondato le vulnerabilità delle reti Internet delle aziende coinvolte in ricerche e studi clinici legati a farmaci e vaccini volti a contrastare la pandemia al Covid-19.
I due hacker cinesi incriminati dal dipartimento di Giustizia Usa sono il 34enne Li Xiaoyu, 34 e Dong Jiazhi di 33 anni. Oltre a carpire segreti commerciali e cercare di rubare le ricerche sul vaccino per il coronavirus, secondo l'accusa hanno anche preso di mira attivisti per i diritti umani negli Stati Uniti, Cina e Hong Kong.
In alcuni casi, hanno agito per "loro guadagno personale" e in altri a beneficio delle autorità cinesi, ha sostenuto il vice procuratore generale John Demers, precisando che i due hanno studiato da ingegneri elettronici a Chengdu e sono nel settore dell'hackeraggio da un decennio. Nel mirino sono finite aziende americane, australiane, belghe, tedesche, giapponesi, lituane, olandesi, spagnole, sudcoreane, svedesi e britanniche.
La ricercatrice in fuga dall'Fbi
L'ultimo capitolo della disputa diplomatica è la vicenda della ricercatrice cinese accusata di avere mentito all'Fbi sulla sua affiliazione all'Esercito di liberazione opolare (Elp) e rifiguiatasi nel consolato cinese di San Francisco. Juan Tang della University of California Davis viene citata in un documento giudiziario riportato dal sito web di informazione Axios, risalente al 20 luglio scorso, in cui compaiono anche altri nomi di persone con legami con l'Elp accusate di essersi recate in California con l'obiettivo di sottrarre proprietè intellettuale da istituti universitari.
Tang è accusata di avere mentito nella sua richiesta di visto per gli Usa, dichiarando di non avere prestato servizio nell'esercito cinese, nonostante da un'indagine dell'Fbi emergano sue foto in divisa e il suo rapporto la Air force military medical University cinese. Da una perquisizione nel suo appartamento, compiuta nello stesso giorno del suo interrogatorio condotto dagli agenti federali, sarebbero state trovate ulteriori prove della sua affiliazione, e gli agenti Usa ritengono che la donna si sia a un certo punto rifugiata al consolato cinese di San Francisco, dove si pensa si trovi ancora oggi. Il caso di Tang e di altri ricercatori dimostrerebbe, per l'Fbi, che il governo cinese è "determinato a proteggere i suoi funzionari dall'azione penale negli Stati Uniti".