Fu la prima bomba atomica della storia il convitato di pietra del vertice di Potsdam, quello in cui si decise la spartizione del mondo dopo la seconda guerra mondiale. Ma all'inizio di quello scorcio di luglio 1945 tale verità la conosceva solo un uomo, solo uno dei tre "Grandi" venuti nella città brandeburghese per negoziare i destini della Germania, oramai un unico cumulo di macerie ancora fumanti. E quell'uomo era il presidente americano Harry S. Truman. Appena arrivato al Palazzo Cecilienhof - dove avrebbe avviato i negoziati con Stalin e Churchill destinati a fissare gli equilibri del globo terracqueo dopo la seconda guerra mondiale - aveva ricevuto il seguente messaggio in codice: "La diagnosi non è completa, ma i risultati sembrano soddisfacenti e hanno già superato le aspettative". Il presidente capì al volo. Traduzione: all'alba di quello stesso giorno, il 16 luglio di 75 anni fa, nel deserto del New Mexico era esplosa la prima bomba atomica mai realizzata in quello che fu chiamato il "Trinity Test".
La detonazione avvenne alle 5.29 (ora locale) alla presenza della maggior parte degli scienziati e dei militari coinvolti nel Progetto Manhattan. L'ordigno, soprannominato "The Gadget", sprigiono' una potenza di 19-21 chilotoni ed ebbe un "rendimento" dalle due alle quattro volte superiore alle previsioni. Era una bomba al plutonio, come quella lanciata su Nagasaki poco più di due settimane dopo, il 9 agosto 1945. Hiroshima, invece, tre giorni prima, fu rasa al suolo da "Little Boy", un ordigno all'uranio. Ebbene, il "Trinity Test" è considerato l'esatto momento in cui "il genio è uscito dalla bottiglia", segnando l'inizio dell'era degli armamenti nucleari. In altre parole: gli Usa erano arrivati primi nella corsa atomica.
Pensare che la foto che ci viene trasmessa dalla Conferenza di Potsdam doveva essere un messaggio di ottimismo e unità mondiale dopo la catastrofe del Terzo Reich: ma dietro la vigorosa stretta di mano tra Truman, Churchill e Stalin ci saranno trattative durissime sull'ordine dell'Europa del dopoguerra. In pratica, è qui a Potsdam - che fu preferita a Berlino perché le devastazioni della capitale davano troppi grattacapi dal punto di vista della sicurezza - che le potenze uscite vincitrici dalla guerra mondiale decisero di suddividere la Germania in quattro zone di occupazione, amministrate dalle tre potenze vincitrici più la Francia. Inoltre, venne stabilito che i confini tra la Polonia e la Germania corressero sulla linea Oder-Neisse e che tutta la popolazione tedesca presente nel territorio oramai polacco, cecoslovacco e ungherese venisse espulsa e assorbita dalla Germania.
Ultimatum al Giappone
Mentre Usa, Gran Bretagna e Unione sovietica non riuscirono ad arrivare ad un accordo definitivo sulla questione dei risarcimenti di guerra, Truman colse l'occasione per lanciare l'ultimatum al Sol Levante, minacciando "un'immediata e completa distruzione" se non avesse capitolato, con i termini della resa giapponese iscritti nella "dichiarazione di Potsdam" sottoscritta dal presidente Usa e dagli altri capi di Stato alleati il 26 luglio. In effetti, visti i risultati del "Trinity Test" il fresco successore di Roosevelt non aveva scelto le parole a caso: è da Potsdam che dette l'ordine di farla sganciare davvero, la bomba. Obiettivo militare era ovviamente la fine della guerra con il Sol levante, ma il destinatario del messaggio era un altro: Josip Stalin, impegnato a trasformare l'Urss in una potenza mondiale.
Meno celebrata del vertice di Yalta, in realtà fu alla Conferenza di Potsdam che vennero poste le pietre fondanti della guerra fredda. Già archiviati gli entusiasmi per la vittoria contro la Germania nazista, tra le potenze vincitrici fu subito chiaro che gli alleati dei tempi di guerra si erano già trasformati in potenze concorrenti sull'ordine mondiale nei tempi di pace. Su una cosa vi fu però certamente un'ampia condivisione: la Germania sarebbe stata "denazificata" e le residue strutture del nazismo proibite, così come si avviarono le procedure per sottoporre a processo chi si era macchiato di crimini contro l'umanià'.
La dichiarazione parlava chiaro: "Il popolo tedesco dev'essere convinto del fatto che ha subito una totale sconfitta militare e che non si può sottrarre alle sue responsabilità". Quel che non fu coronato dal successo fu l'intenzione di mantenere l'unità economica della Germania: la divisione del Paese iniziò a prendere forma qui, nella "Versailles tedesca", ad appena 36 chilometri dalla capitale tedesca.
Nascita dell'incubo nucleare
In teoria, il vertice - che tenne banco fino al 2 agosto - doveva essere una specie di dimostrazione di potere da parte del dittatore sovietico, che arrivò a Potsdam con un treno speciale composto da 11 vagoni, 900 guardie del corpo e circa 19 mila soldati schierati lungo i binari da Mosca fino alla città brandeburghese. Non solo: l'aiuola nel cortile interno del Castello Cecilienhof era stata allestita a forma di stella rossa fatta di gerani, per trasmettere il messaggio di chi sarebbe stato 'l'uomo forte' della situazione.
Questo anche in considerazione del fatto che il capo della Casa Bianca si era insediato da poco e che Churchill si troverà a fare le valigie dopo la sconfitta elettorale, con il nuovo primo ministro Clement Attlee cui tocca accorrere da Londra per concludere il summit. Non fosse che spesso la storia offre contraccolpi che fanno piazza pulita di ogni sceneggiatura: fu a vertice già arrivato ad uno stadio avanzato, ossia la mattina del 24 luglio 1945, che Truman decise di riferire personalmente a Stalin dell'esistenza nell'arsenale degli Stati Uniti di un'arma di "inusuale potenza distruttiva".
Insomma, l'immenso fungo atomico che aveva appena accecato il deserto del New Mexico ed il conseguente cablogramma cifrato avevano cambiato le carte sul tavolo della spartizione globale. Il mondo si trovò, una manciata di giorni dopo nel bagliore terrificante di Hiroshima e poi di Nagasaki, a dover convivere con un'immagine inedita di sè: quella il cui futuro è oscurato da un'apocalisse nucleare.