AGI - Lo "storico" ballottaggio in Polonia tra il presidente uscente, il nazionalista Andrej Duda, che ha ottenuto il 43,7%, e il suo rivale, il sindaco di Varsavia,
Rafal Trzaskowski (30,3%), convinto filo-europeista, si deciderà all'ultimo voto. "Al momento è impossibile fare previsioni su come andrà il 12 luglio. Il secondo turno era atteso, non certo una sorpresa, ma gli elementi di incertezza sono diversi e lo scarto tra i due candidati non è così ampio". Lo spiega all'AGI Lucyna Gebert, professore di Lingua polacca e Linguistica slava all'Università La Sapienza di Roma.
Facendo un'analisi preliminare del voto, sono due gli elementi principali su cui verterà la decisiva campagna dei prossimi giorni: il voto degli indecisi e l'appoggio delle formazioni escluse al primo turno. I primi sondaggi proiettano Duda in vantaggio ma di pochi punti, dando non poche preoccupazioni al partito che lo sostiene, il Pis (Diritto e giustizia) di Jaroslaw Kaczynski. "C'è un 9% di indecisi che potrebbe essere cruciale e vanno valutati gli appoggi che arriveranno dagli altri candidati in corsa al primo turno", osserva Gebert. A fare da ago della bilancia potrebbe essere l'indipendente Szymon Holownia, arrivato terzo con il 13,85% delle preferenze.
"E' un cattolico progressista e nel suo programma non ha nulla che possa coincidere con quello del Pis", spiega Gebert. "Ma in campagna elettorale ha comunque sempre dipinto Trzaskowski, a capo della Piattaforma civica, come esponente del liberismo che avrebbe portato all'impoverimento della popolazione. Ha sempre sostenuto di essere l'unica vera novità. Ora dovrà prendere posizione e ha già annunciato che lo farà entro mercoledì".
Sembra essere indeciso anche il quarto arrivato, il candidato della destra estrema e anti-sistema, Krzysztof Bosak, che ha ottenuto il 6,75%. "Non è un appoggio scontato a Duda perché è un movimento neo-fascista e non è escluso che i suoi elettori decidano di astenersi e restare fuori dalla partita". Le percentuali del primo turno, in cui ha votato il 64,4% degli aventi diritto, fotografano una società frammentata, contrapposta. "Siamo di fronte a una Polonia chiusa, incattivita, che ha fatto campagna sull'odio, e un'altra aperta, democratica ed europeista. Ma non sempre questo odio contro le minoranze, sbandierato da un presidente in carica, ha trovato appoggio. Trzaskowski ha vinto nelle grandi città mentre Duda ha trovato il sostegno della periferia, dove ancora è facile vendere l'odio contro la minoranza, che sia quella ebraica o quella Lgbt", conferma Gebert.
A pesare inoltre contro Duda c'è "la gigantesca corruzione da parte di alcuni membri del suo partito che hanno approfittato per i propri interessi anche della pandemia di Covid-19", continua Gebert. "Inoltre molti accusano Duda di essere il fantoccio di Kaczynski, potente capo del Pis, ritenuto il vero presidente della Polonia". Il continuo scontro con l'Ue, che ha aperto una procedura di infrazione, da quando il governo di Varsavia "ha avviato lo smantellamento dei diritti e della separazione dei poteri", non ha aiutato.
Ma, come ha dichiarato all'AGI Laura Quercioli Mincer, professore di Letteratura polacca all'Università di Genova, la Polonia "non è solo il Paese della terribile campagna d'odio, senza esclusione di colpi, del presidente uscente Andrzej Duda contro la comunità Lgbt".
"Negli ultimi anni la politica del governo polacco, sostenuto da una grande parte della popolazione, ha sempre piu' assunto caratteristiche contrarie alla sua storia", continua. "Una storia fatta da tante pagine oscure, ma anche da grandi pagine di generosità, impeti di libertà, democrazia e apertura, seppur parziale, verso l'esterno. Parliamo del Paese che comunque bene o male ha avuto la più straordinaria cultura ebraica mondiale, fino alla Seconda Guerra mondiale, convivendo con un antisemitismo terribile", sottolinea. "E questa campagna degli slogan di Duda ha avuto effetti terrificanti sulla popolazione, sempre più divisa. Da una parte troviamo una scuola abbastanza numerosa di storici straordinari, che scoprono e si fanno carico di pagine nere e nerissime della storia polacca del secolo scorso, nonostante le minacce che subiscono per il loro operato; dall'altra, abbiamo chi decreta una legge che punisce con tre anni di carcere chi assegna colpe alla Polonia per la Shoah".
Una società polacca, dunque, tutt'altro che compatta, dove omofobia e antisemitismo trovano sempre maggiore spazio. "Solo un paio di settimane fa un commentatore sul principale canale d'informazione del Paese ha accusato Rafal Trzaskowski, che aveva proposto di collaborare con le associazioni ebraiche, di non rendersi conto di quello che stava dicendo, di non capire il bene della Polonia e di non sapere a quali effetti terribili possa portarci". E in campagna elettorale gli attacchi "pesanti e diretti, mai criptici, si sono moltiplicati". "Spesso - spiega Quercioli Mincer - tutta la terminologia anti-ebraica della campagna del '68 è stata traslata e attualizzata contro la comunità Lgbt. "E' accusata di essere una lobby, che 'ci vuole togliere la nostra libertà, che ci vuole governare'", dichiara. In questo, la docente di Letteratura polacca imputa un "ruolo dominante anche alla Chiesa cattolica che si e' sempre fatta promotrice e sostenitrice di leggi che hanno limitato le libertà nel Paese, dall'aborto ai diritti delle donne".
Le accuse dal movimento nazionalista non sono mai state risparmiate nemmeno nei confronti dell'Unione europea. "Il paradosso è che la parte orientale del Paese è fatta di tanti piccoli villaggi che sono stati rimessi a lucido, riqualificati e curati alla perfezione grazie proprio ai fondi europei. Quindi - conclude Quercioli Mincer - non solo arrivano i soldi ma vengono anche usati bene. Eppure la narrazione nazionale è che l'Europa 'ci toglie la nostra individualità', ci vuole tutti uguali e non vuole riconoscere la nostra diversità'".