AGI - Nessun colpo sparato, ma un corpo a corpo andato avanti per ore, su terreni ripidi e frastagliati, i soldati dei due fronti a colpi di pietre e pugni. E i morti, una ventina, sono deceduti perché precipitati o scivolati dalla cresta himalayana.
Le tensioni sulle questioni di confine tra India e Cina sono riesplose con violenza lunedì notte con uno scontro tra i soldati dei due Paesi in una remota e inospitale valle hymalaiana, in quello che è stato il più sanguinoso incidente dal conflitto del 1967.
Lo scontro, avvenuto nella serata di lunedì - durante il quale sono morti 20 soldati indiani, mentre non si hanno cifre sui decessi dalla parte cinese - è stato preceduto da settimane di tensione tra i due Paesi: lo stesso presidente Usa, Donald Trump, si era offerto di fare da mediatore nella disputa, ma la sua proposta cadde nel vuoto.
Secondo la versione di New Delhi, lo scontro a Galwan sarebbe nato per il tentativo di Pechino di erigere una struttura sulla parte indiana del confine, mentre Pechino obietta la costruzione di una strada da parte dell’India su una parte del territorio che considera propria.
Nonostante non siano frequenti gli scontri di questo tipo, il confine sino-indiano è stato frequentemente teatro di diverse scaramucce tra i soldati dei due Paesi più popolosi al mondo (e potenze nucleari): l’ultimo episodio di tensione sulla linea di oltre quattromila chilometri del confine hymalaiano risale all’estate del 2017, con lo stallo militare di Doklam, durato 73 giorni e conclusosi, secondo la versione indiana, con il disimpegno delle truppe di entrambi i Paesi.
L’episodio più recente, però, si è spinto molto oltre la tensione, al punto che avrà “un grave impatto” sulle relazioni bilaterali, ha dichiarato il ministro degli Esteri indiano, Subrahmanyam Jaishankar, durante un colloquio telefonico con il suo omologo cinese, Wang Yi, che ha ribadito la “ferma volontà” di Pechino di salvaguardare la propria sovranità territoriale. Cina e India, secondo la versione cinese, hanno però convenuto di “affrontare equamente i gravi eventi causati dagli scontri nella Galwan Valley” e di “raffreddare la situazione sul terreno il prima possibile e mantenere la pace e la tranquillità nelle zone di confine in base agli accordi finora raggiunti dai due Paesi”.
I dissidi tra Pechino e New Delhi nascono dalla “Line of Actual Control” (Lac), la linea tracciata come confine dopo il conflitto del 1962, dove diverse aree sono state contestate dalle due parti. La Lac è stata oggetto di un accordo del 1993 (e di altri due, nel 1996 e nel 2013) che l’India ritiene violati dalla postura aggressiva della Cina: i due Paesi rinunciavano all’uso della forza per risolvere le dispute territoriali, anche se veniva riconosciuto che entrambi mantenevano le proprie divergenze sulle questioni di confine.
L’accordo del 1996 andava più in profondità e imponeva “immediate consultazioni diplomatiche o attraverso altri canali” per evitare l’escalation militare. Gli accordi non hanno contribuito a risolvere la disputa territoriale e gli episodi di tensione tra i soldati dei due Paesi si sono accavallati nel corso degli anni, spesso in corrispondenza di lavori infrastrutturali a ridosso delle zone contestate.