Rio Tinto, il gigante minerario anglo-australiano, ha ammesso di aver danneggiato un sito aborigeno vecchio di 46 mila anni nella remota regione di Pilbara, effettuando esplosioni nei pressi. Gli aborigeni hanno riferito che la grotta di Juukan Gorge, nell'Australia occidentale, è andata distrutta; da parte sua, la società si è difesa sostenendo di aver proceduto in linea con un permesso governativo ottenuto sette anni fa.
"Rio Tinto ha collaborato in modo costruttivo con le persone del Pkkp (Puutu Kunti Kurrama e Pinikura) su una serie di questioni relative al patrimonio nell'ambito dell'accordo e ha, ove possibile, modificato le sue operazioni per evitare impatti sul patrimonio e proteggere i luoghi di importanza culturale per il gruppo", ha sostenuto una portavoce di Rio Tinto.
Nel 2014, scavi archeologici sul sito avevano rivenuto il più antico esempio di strumenti in osso risalenti a 28 mila anni fa (un osso appuntito di canguro) e una treccia di capelli vecchia di 4000 anni che si ritiene fosse stata indossata come una cintura.
"Il nostro popolo è profondamente turbato e rattristato dalla distruzione di questi rifugi rocciosi e sta soffrendo per la perdita di connessione con i nostri antenati e con la nostra terra", ha sottolineando John Ashburton, presidente della commissione Terra dei Puutu Kunti Kurrama.
Gli aborigeni sono venuti a sapere dell'intenzione dell'azienda di portare avanti l'esplosione nei pressi della grotta di Juukan Gorge il 15 maggio scorso; nonostante i negoziati non e' stato possibile impedirla. "Riconosciamo che Rio Tinto abbia rispettato gli obblighi legali, ma siamo gravemente preoccupati dell'inflessibilità del sistema regolatorio", ha aggiunto Ashburton, riferendo di un lavoro in corso con la società mineraria per "salvaguardare i restanti rifugi rocciosi e assicurare una comunicazione aperta" tra le parti in causa.