L'immagine di 'Wunderwuzzi', bambino prodigio, comincia a stargli stretta. Sebastian Kurz, cancelliere di Vienna e frontman dell'asse dei paesi del Nord nella battaglia contro l'Italia e i Mediterranei per la risposta europea alla crisi scatenata dal coronavirus, non è forse più soltanto l'enfant prodige della destra europea.
Le prese di distanze da Angela Merkel, la tenacia con cui quotidianamente difende l'austerity e il rigore dei conti malgrado lo scenario post-apocalittico in cui si trova l'economia del Continente, l'assunzione di fatto della leadership del blocco del Nord e di una 'certa idea di Europa' non esattamente coincidente con quella franco-tedesca, fanno pensare che Kurz immagini per sé qualcosa di più del ruolo con cui la stampa e l'opinione pubblica lo hanno etichettato, quella di 'bambino prodigio', per l'appunto.
Rassicurante nei modi, pragmatico e spregiudicato nella sostanza, Kurz è un millennial per nascita (classe 1987) ma con i tratti del politico novecentesco, capace di guidare con la stessa disinvoltura un governo di coalizione con la destra populista e xenofoba della Fpo, e un esecutivo venato di liberalismo filo-europeista assieme ai Verdi.
Kurz nasce a Vienna da padre ingegnere e madre insegnante, si iscrive a legge ma non finisce gli studi, la passione politica lo travolge. Aderisce giovanissimo all'Ovp, il Partito popolare austriaco e scala i vertici in tempi molto rapidi. A soli 24 anni è già sottosegretario all'Integrazione, a 27 ministro degli Esteri, a 31 dopo avere conquistato il partito, diventa cancelliere.
Il giovane capo (eletto alla guida dell'Ovp nel 2017 con percentuali molto piu' che bulgare, vicine al 99), dopo anni di timido vivacchiare del Popolari all'ombra della Grande coalizione con i Socialdemocratici, rivolta letteralmente l'immagine e la natura del partito, tanto da cambiarne perfino il nome (con una operazione pre-salviniana lo ribattezza Lista Sebastian Kurz Nuovo partito del popolo) e i 'colori sociali', che dal nero passano al celeste.
Nella paludata Dc austriaca Kurz lancia un'operazione di svecchiamento ideologico, tattico e organizzativo che ricorda molto più la rivoluzione dei 40enni realizzata da Bettino Craxi nel Psi dopo il Midas, che la rottamazione renziana o la 'Marcia' macronista. Un minuto dopo aver conquistato la leadership del partito, Kurz ribalta il governo di 'grande coalizione', porta il paese alle urne e stravince.
Per governare però, anche a causa del sistema proporzionale in vigore in Austria, ha bisogno dell'appoggio della destra estrema della Fpo, passaggio politico che realizza senza alcuna titubanza. La stessa spregiudicata operazione avverrà tre anni dopo, quando il governo di coalizione con l'Fpo è travolto dallo scandalo 'Ibizagate', una storia di sesso, oligarchi russi e presunti finanziamenti a Mosca.
Il paese torna al voto e Kurz rivince, ma questa volta è costretto a guardare all'ala sinistra dell'emiciclo, ovvero ai Verdi, anche loro usciti molto bene dalle urne. Il cambio di rotta è brusco, radicale anzi. Ma non è che l'ennesima prova del pragmatismo camaleontico del giovane leader che riconquista la cancelleria con una coalizione questa volta di 'centro-sinistra' e torna a governare il paese.
Kurz nutre il suo discorso pubblico e le sue scelte politiche di una sorta di 'populismo temperato', il che lo rende compatibile e lo affratella idealmente al capo del governo olandese, il liberale Mark Rutte, con cui fa asse su tutta una serie di questioni europee (spesso contrarie all'interesse italiano), dall'approccio duro sulla migrazione al rigorismo ortodosso sul fronte dei conti pubblici. Senza mai però sconfinare nell'antieuropeismo radicale, minacciare uscite dalla Ue e tanto meno dall'euro.
Un mix di moderatismo formale e di radicalismo di prassi che lo rende rassicurante agli occhi dell'elettorato austriaco, interlocutore ascoltato dagli altri capi di governo e oggi leader di fatto del drappello di puri e duri del nord che non vogliono concedere prestiti ai Mediterranei, travolti dalla crisi e con i debiti alle stelle.
La partita sul Recovery Fund è ancora lunga, si giocherà da qui a fine giugno ed è probabile che alla fine, come è accaduto sugli altri strumenti anti-crisi, la politica e la diplomazia raggiungeranno un compromesso. Ma comunque vada Kurz, almeno fino ad oggi, ha giocato le sue carte con abilità e si alzera' dal tavolo piu' forte. Il giovane leader, forse, non è più solo un 'bambino prodigio'.