Un unico confine terrestre, quello con la Spagna, uno dei paesi più colpiti al mondo con quasi 200 mila casi e oltre 20 mila vittime. Nonostante ciò, il Portogallo è considerato un “modello” per come ha finora contenuto il dilagare del contagio del coronavirus. Paese da poco più di 10 milioni di abitanti, ha un’alta percentuale di residenti anziani (il 22% ha oltre 65 anni), molti di loro stranieri, grazie alle politiche fiscali favorevoli alle pensioni.
Con questa fetta di quasi un quarto di popolazione a rischio, fortunatamente fino ad ora il numero dei contagi è stato contenuto, appena sopra 20 mila, così come quello dei decessi, 714, tanto da indurre il governo a cominciare già a parlare di una prudente riapertura delle attività nelle prossime settimane, forse anche prima di quando le misure restrittive e il "confinamento" sono destinate a scadere, il prossimo 3 maggio. La regione più colpita è quella di Porto, dove si trova il 60% dei contagi e il 57% delle vittime.
La diffusione del Covid-19 in Portogallo è partita in ritardo rispetto agli altri paesi europei: il primo caso è stato registrato all’inizio di marzo. Questo ha permesso al governo di Lisbona guidato dal primo ministro socialista Antonio Costa di avere il tempo per organizzare le contromosse.
Il segretario di Stato responsabile della salute in Portogallo, Antonio Sales, ha spiegato al quotidiano britannico The Guardian che il governo ha deciso le misure giuste al momento giusto, dopo aver monitorato la diffusione del virus già dalla fine di gennaio. “Il paese – ha detto – era preparato allo scenario peggiore”. Le scuole sono state chiuse a metà marzo, quando in Portogallo erano stati registrati appena 112 casi e nessuna vittima, e sei giorni dopo è stato dichiarato lo stato di emergenza con un “lockdown” totale, poco dopo l’analoga decisione presa da un governo spagnolo messo alle strette dall’elevato numero di contagi e di decessi.
Fin da subito, inoltre, il governo ha aumentato il numero dei test di laboratorio (dall’inizio di aprile, quasi 10 mila al giorno) e di posti letto nei reparti di terapia intensiva. Questo è stato reso possibile anche dagli investimenti effettuati negli anni scorsi con l’obiettivo di riportare il livello della sanità pubblica ai livelli precedenti l’austerità. Dal 2016, il personale sanitario è stato incrementato del 13% con 15 mila assunzioni (fra cui 3.700 medici e 6.600 infermieri) e gli investimenti complessivi sono aumentati nello stesso periodo del 18%.