È il 2 giugno del 2000, un camion viaggia attraverso il Perù in direzione della capitale Lima. Proviene dalla miniera d'oro di Yanacocha a Cajamarca, la regione più povera del Paese, ma anche quella che incorpora la più grande miniera d’oro di tutta l’America Latina.
Trasporta mercurio, che è un sottoprodotto derivante dall’estrazione dell’oro, e mentre corre lungo le vie del paesino di Choropampa, una bombola di mercurio si rompe e comincia a lasciare una scia lungo la strada. Una scia luminosa, scintillante, talmente scintillante da poter sembrare addirittura preziosa.
Molti degli abitanti di Choropampa decidono di raccoglierlo, così, a mani nude, e portarlo a casa, alcuni come souvenir, altri pensando di poterci ricavare dell’oro. Tra questi c’è anche Francisca Guarniz Imelda, che addirittura si convince che possa avere effetti curativi.
Oggi Francisca ha difficoltà a camminare, sta perdendo la vista e soffre di problemi ai reni. L’errore degli abitanti del villaggio fu fatale: Choropampa nel tempo è diventata una sorta di città fantasma, molti sono morti, altri hanno abbandonato le loro case.
Il lavoro, basato quasi esclusivamente sull’agricoltura si è praticamente azzerato, la zona era stata contaminata e al mercato nessuno voleva più comprare i prodotti che vi venivano coltivati. Quel mercurio, custodito in casa, aveva finito per evaporare nelle case rendendole inabitabili.
“Stiamo seppellendo i nostri vicini uno per uno” dice oggi il sindaco Ronald Mendoza Guarniz. Ai tempi i gestori della miniera si accorsero del disastro e avvisarono la popolazione dell’alto rischio di tossicità del metallo solo cinque giorni dopo. Troppo tardi,: c’era chi lo aveva raccolto e tenuto in una bottiglietta sul comodino e molti erano i bambini che ci avevano giocato per giorni.
Un'indagine sull’incidente da parte della International Finance Corporation (IFC) ha rilevato che i contenitori non erano fissati correttamente sul camion e uno si era rovesciato. Al momento del disastro l'IFC deteneva una partecipazione del 5% in Minera Yanacocha, che è di proprietà e gestita dalla statunitense Newmont Corporation, dalla società peruviana Buenaventura Mining e dalla giapponese Sumitomo Metal Mining Co Ltd.
L'IFC ha venduto la sua quota nel 2017. La compagnia mineraria ai tempi inviò un team di pulizia e offrì agli abitanti del villaggio contanti se restituivano il mercurio che avevano raccolto. Tuttavia, secondo un'indagine della Defensoría del Pueblo, l'ufficio del difensore civico peruviano, solo circa un terzo del mercurio fu recuperato. “L'esposizione a lungo termine al mercurio – al detto al Guardian Raúl Loayza Muro, tossicologo dell'Università peruviana di Cayetano Heredia a Lima - causa problemi al sistema nervoso centrale, all'apparato digerente, al sistema renale e al sistema immunitario”, e dobbiamo considerare che “Il mercurio che la gente ha versato nelle loro case si è insediato in minuscoli buchi e continuerà a emettere vapori di mercurio per molti anni”.
Ma in realtà sono bastati appena sette giorni perché molti abitanti della cittadina, 755 su 3000 totali, fossero ricoverati in ospedale per sintomi come mal di testa, vomito, segni di irritazione sulla pelle e sanguinamento dalla bocca e dal naso. Alcuni avevano livelli di mercurio nelle urine cinque volte il limite massimo raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità.
Secondo un’altra indagine svolta da Defensoría del Pueblo ai tempi Minera Yanacocha e la società di trasporti Ransa Comercial SA concordarono con gli abitanti di Choropampa un risarcimento in cambio del loro silenzio. Il contratto stabiliva che le società non erano responsabili della fuoriuscita e che non sarebbero state intraprese azioni legali nei loro confronti.
La Yanacocha aveva anche fornito alle persone un'assicurazione sanitaria per le malattie legate alla fuoriuscita di mercurio, decisione accolta con gioia dalla maggior parte degli abitanti del villaggio, che non aveva esitato a firmare. C’è da sottolineare però che all'epoca, l'87% della popolazione era analfabeta e moltissimi firmarono con le impronte digitali. Quell’assicurazione, tra l’altro, non si rivelò nemmeno adeguata e molti si ritrovarono a dover coprire spese insostenibili.
“Abbiamo le mani legate, non possiamo aiutarli. - afferma Samuel Vigo Soriana, presidente del consiglio dei sindaci di Cajamarca - Quei contratti erano una trappola e mi dispiace molto per loro”.
La Yanacocha ha dichiarato di aver collaborato con le autorità peruviane per affrontare l'impatto della fuoriuscita. Ha affermato che una valutazione del rischio ambientale condotta due anni dopo "mostra e conferma che una volta compiuti gli interventi di bonifica nelle aree colpite, non vi era pericolo di contaminazione per gli abitanti o l'ambiente nelle aree in cui si è verificato l'incidente", e aggiunge: “L'azienda è consapevole che la protezione della salute e dell'ambiente delle persone è della massima importanza. Questo è il motivo per cui Yanacocha non ha risparmiato sforzi o risorse per risolvere i problemi causati dall'incidente e per impedire che qualcosa di simile accada in futuro”.
La società ha dichiarato di aver stanziato oltre 13 milioni di euro in programmi di monitoraggio, assistenza medica, recupero del mercurio, bonifica ambientale e pulizia della casa. Ma per la maggior parte degli abitanti del villaggio, tuttavia, la speranza si è esaurita. Il sindaco Mendoza guarda attraverso la sua città morente e sospira: "Siamo i dimenticati".