L’emergenza coronavirus riguarda pressoché tutti i paesi del mondo (e la mappa sul contagio messa a punto dalla Johns Hopkins University lo rende evidente anche a uno sguardo disattento). Alcune nazioni fanno registrare dati significativamente superiori agli altri, ma la pandemia è da tempo un problema globale. Non tutti i governi del mondo hanno reagito allo stesso modo, ma oramai le misure drastiche necessarie a limitare la diffusione del virus si stanno diffondendo un po’ dappertutto. In questo articolo riassumiamo le norme in vigore, oltre che in Italia, anche in Spagna, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti. Prima di entrare nello specifico delle misure ricordiamo la situazione a livello nazionale dei diversi paesi.
Spagna: il 14 marzo il governo di Madrid ha annunciato lo stato di emergenza che rimarrà in vigore per quindici giorni: si tratta di misure rigorose (El Pais ha messo a punto un vademecum sulle attività consentite), simili a quelle adottate dal governo di Giuseppe Conte. Il 22 marzo, il primo ministro Pedro Sanchez ha annunciato che chiederà al Congresso dei Deputati, la camera bassa del Parlamento, di prolungare di altri quindici giorni lo stato di emergenza, portandolo così fino all’11 aprile. La decisione verrà presa il 24 marzo.
Francia: da mezzogiorno del 17 marzo è in vigore un vero e proprio ‘lockdown’, anche in questo caso molto simile a quello italiano. Le misure, al momento, non hanno una scadenza: resteranno cioè in vigore fino a nuovo avviso.
Germania: il 16 marzo il governo federale tedesco ha annunciato di aver stretto un accordo con i Lander, cioè i singoli stati che compongono la Germania, sulle linee guida da seguire per contrastare la diffusione del coronavirus. Il 22 marzo le misure si sono fatte più stringenti, e resteranno in vigore per almeno due settimane. Tra le norme, spicca il divieto di assembramenti di più di due persone.
Regno Unito: negli ultimi giorni il governo di Londra è corso ai ripari dopo le sparate di Boris Johnson che, il 12 marzo scorso, aveva invitato i cittadini britannici a prepararsi a “perdere i propri cari prima del tempo” a causa del coronavirus. Dal 23 marzo sono in vigore norme stringenti che verranno nuovamente valutate nel giro delle prossime tre settimane: anche sul suolo britannico, come in Germania, sono vietati gli assembramenti di più di due persone. La distanza interpersonale raccomandata è di due metri.
Stati Uniti: dall’altra parte dell’Atlantico la gestione dell’emergenza è demandata ai singoli stati, quando non alle singole città. A decidere, insomma, sono le autorità locali, mentre la Casa Bianca ha finora reso note soltanto alcune linee guida per far fronte al virus. Si tratta di un documento intitolato ‘15 giorni per rallentare la diffusione’, pubblicato il 16 marzo, nel quale, al punto numero uno, si raccomanda di “ascoltare e seguire le direttive delle autorità locali”. Per il resto, la presidenza si limita a raccomandare il distanziamento sociale e a evitare assembramenti di più di dieci persone. Il governo federale ha anche messo a punto un sito web dove vengono raccolte informazioni: anche in questo caso, però, ci si limita a raccomandazioni.
Le scuole: chiuse o aperte?
In Italia le scuole di ogni ordine e grado sono chiuse fino al 3 aprile del 2020.
In Spagna il governo ha raccomandato la chiusura degli istituti, un invito raccolto da tutte le comunità autonome. A casa ci sono quasi 8 milioni di ragazzi.
In Francia le scuole sono chiuse dal 16 marzo e fino a nuovo avviso..
In Germania, dove dall’inizio della settimana del 16 marzo le scuole sono chiuse, le lezioni dovrebbero riprendere dopo le vacanze di Pasqua, ovvero dopo il 20 aprile.
In ritardo di circa una settimana rispetto a molti paesi europei - e addirittura di un mese rispetto ad alcune aree del Nord Italia - anche il Regno Unito ha deciso di chiudere le scuole. Le lezioni di venerdì 20 marzo sono state le ultime e da lunedì 23 la didattica negli istituti è sospesa. Per questo motivo, al momento l’unico paese europeo a non aver ordinato la chiusura è la Bielorussia.
Negli Stati Uniti, come detto, la questione è più complicata da decifrare e le decisioni dipendono dai singoli stati. Di certo c’è che, nelle linee guida pubblicate il 16 marzo dalla Casa Bianca, si legge che “le attività scolastiche possono accelerare la diffusione del coronavirus”, e per questo motivo il governo federale raccomanda ai governatori degli stati che “hanno prove della trasmissione del virus all’interno della comunità” di chiudere gli istituti. Per avere un’idea della situazione statunitense si può monitorare il portale Education Week, che tiene traccia delle chiusure delle scuole pubbliche a livello nazionale. Il Kansas e la Virginia hanno annunciato lo stop all’intero anno accademico. Quattro stati, al contrario, non hanno ancora optato per la serrata totale delle scuole: si tratta di Idaho, Nebraska, Iowa e Maine. I dati aggiornati alla serata del 23 marzo rivelano che 54,8 milioni di studenti (sui 56,6 milioni totali) sono a casa.
Questione negozi: che cosa è aperto e dove?
In Italia sono aperti soltanto gli esercizi che vendono beni essenziali (per approfondire abbiamo messo a punto un vademecum sulla situazione nel nostro paese).
La Moncloa, cioè il governo spagnolo, ha adottato misure simili a quelle italiane per quanto riguarda i negozi che vendono beni di prima necessità, come supermercati e negozi di alimentari: tutti questi esercizi commerciali rimangono aperti.
Come detto all’inizio dell’articolo, da mezzogiorno del 17 marzo anche Oltralpe sono stati chiusi i negozi: rimangono aperti quelli che vendono beni di prima necessità, come alimentari e supermercati, macellerie e panetterie, ma gli avventori devono rispettare la distanza di sicurezza di un metro o indossare una mascherina.
Anche in Germania c’è stata la stretta sugli esercizi commerciali: dopo le parole della cancelliera Angela Merkel, che ha parlato di “misure senza precedenti” riferendosi alle mosse del governo di Berlino contro il coronavirus, i negozi che forniscono beni essenziali rimangono naturalmente aperti, i quali sono tenuti a garantire “condizioni di igiene, controllo degli accessi ed eliminazione delle code”; gli altri, come ha detto Merkel nel suo discorso alla nazione, sono chiusi.
Supermercati e negozi alimentari aperti anche nel Regno Unito: lo scorso 16 marzo il premier Boris Johnson aveva chiesto ai cittadini di “evitare contatti sociali” e nelle ore successive ha preso provvedimenti più stringenti, come lo stop ai pub. Ancora più stringenti le norme imposte il 23 marzo, che ordinano la chiusura di tutti gli esercizi non essenziali: stop, pertanto, ai negozi di vestiti e quelli di dispositivi elettronici, i mercati non alimentari, i parrucchieri.
Negli States non ci sono norme valide sull’intero territorio nazionale circa l’apertura degli esercizi commerciali. La scelta ricade sui singoli proprietari o sulle catene a cui appartengono: grandi marchi, come Nike e Apple, hanno annunciato la chiusura dei propri store anche negli Stati Uniti. Alcuni stati, come quello di New York, sono invece già in ‘lockdown’.
Bar, ristoranti e pub. Londra si adegua e chiude tutto dal 21 marzo
Da giorni, ormai, gli italiani sono abituati a rinunciare alle proprie abitudini, come il caffè al bar o a una cena fuori: tutti questi esercizi infatti sono chiusi.
Stessa cosa in Spagna: il governo, con il decreto con il quale ha dichiarato lo stato di emergenza, ha ordinato la chiusura per quindici giorni dei locali che somministrano cibo. Allo stesso modo rimangono chiusi teatri, cinema e biblioteche.
Anche in Francia sono chiusi ristoranti, bar, e tutti gli esercizi che non rientrano tra quelli che forniscono beni di prima necessità.
Nel weekend del 22 marzo la Germania si è mossa nella stessa direzione: se fino ad allora bar e ristoranti potevano rimanere aperti con la sola limitazione di chiudere alle 18, da quel momento in poi sono costretti a chiudere. I primi Lander ad adottare il ‘lockdown’ erano stati la Baviera (dove la serrata è scattata il 21 marzo), il Saarland, al confine con il Lussemburgo, il Baden-Württemberg (nel sud), l’Assia (lo stato di Francoforte) e la Renania-Palatinato (nel sud-ovest) dove i ristoranti hanno abbassato la serranda tra il 20 e il 21 marzo.
Dal 21 marzo, anche il Regno Unito si è adeguato alle decisioni del resto del continente: pub, ristoranti e café sono chiusi, così come teatri, palestre e cinema. A tutti i dipendenti di queste attività, ha spiegato il cancelliere Rishi Sunak, lo stato pagherà l’80% degli stipendi fino a un massimo di 2.500 sterline. Ma ci sono volute settimane per prendere questa decisione: in precedenza Downing Street aveva optato per lasciare ai singoli esercenti la decisione sulle aperture, una mossa che aveva suscitato polemiche: il critico culinario Jay Rayner aveva per esempio bollato la decisione del governo come “incredibilmente incosciente”, perché in quel modo i proprietari non avevano possibilità di far ricorso ad assicurazioni o ammortizzatori sociali qualora avessero autonomamente scelto di non lavorare. Il 23 marzo, Downing Street ha deciso anche di chiudere librerie, luoghi di ricreazione e hotel (ma solo in caso di pernottamenti per ragioni di piacere, mentre rimangono aperte le residenze che ospitano persone in modo permanente).
Negli Stati Uniti, i governatori di una mezza dozzina di stati hanno già optato per ordinare la chiusura di ristoranti e bar: tra questi ci sono New York, California e Massachusetts e Washington.
Luoghi di culto: una situazione variopinta
In Italia, lo ricordiamo, le funzioni religiose sono sospese, mentre i luoghi di culto possono rimanere aperti rispettando le misure di distanziamento sociale necessarie a limitare il contagio.
In Spagna, invece, le celebrazioni proseguono. Sono state comunque predisposte alcune misure di sicurezza: in particolare l’accesso ai luoghi di culto e la partecipazione alle cerimonie civili e religiose, compresi i funerali, sono subordinati all'adozione di misure organizzative che consistono nell'evitare gli afffollamenti. Va insomma rispettata la distanza tra loro di almeno un metro tra le persone.
La linea adottata dalla Francia è pressoché uguale a quella italiana: luoghi di culto aperti, ma funzioni sospese.
In Germania sono vietati gli assembramenti nei luoghi di culto, come chiese, moschee e sinagoghe.
Anche il Regno Unito ha deciso di chiudere i luoghi di culto: le uniche funzioni ammesse sono i funerali, a cui possono partecipare solo i “parenti stretti”. Stop invece ai battesimi e ai matrimoni. Prima che il governo di Boris Johnson prendesse in mano la questione, la Chiesa Anglicana si era già mobilitata con una lettera del 17 marzo con la quale l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e quello di York John Sentamu sostenevano che fosse giunto il momento di sospendere le celebrazioni fino a nuovo avviso.
Anche dall’altra parte dell’Oceano le diverse comunità religiose hanno cominciato a prendere provvedimenti in autonomia, pur senza che il governo di Washington abbia stabilito norme specifiche in materia.
Questione parchi: in Spagna si rischia la multa
Dal 21 marzo, in Italia i parchi pubblici cittadini sono chiusi per effetto dell’ordinanza del ministero della Sanità del giorno precedente.
In Francia, al momento, non c’è invece alcuna norma che ordina la chiusura dei parchi, ma alcune città stanno procedendo autonomamente: nei giorni scorsi il sindaco di Parigi, ad esempio, aveva annunciato che avrebbe chiuso i giardini pubblici, e in effetti i parchi della capitale sono pressoché tutti sigillati (qua l’elenco completo)
Anche la Spagna, come l’Italia, ha messo al bando il jogging nei parchi: per i trasgressori è prevista addirittura la multa.
Anche in Germania i parchi rimangono chiusi, compresi i parchi giochi per bambini.
Dal 23 marzo la stessa cosa avviene nel Regno Unito: vietato andare nei parchi, nei playground (cioè i parchi giochi e i campetti sportivi) e nelle palestre all’aperto.
Gli Stati Uniti, al netto delle decisioni dei governatori dei singoli stati, proseguono invece nella loro strada: l’unica raccomandazione è evitare le occasioni di assembramento con più di dieci persone.
Attività parlamentare: la Francia è quasi ferma
L’emergenza sanitaria sta avendo effetti anche sull’apertura dei parlamenti: quello italiano, come spiegato dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, “non è chiuso, ha un’apertura limitata”, anche se diverse forze politiche sono insorte.
A Madrid, invece, Congresso e Senato spagnoli sono fermi fino alla fine della settimana del 29 marzo, con solo un paio di eccezioni che prevedono comunque il voto elettronico, senza cioè il bisogno di recarsi in Aula.
Rallenta anche in Francia l’attività parlamentare: il calendario al Senato ci sono soltanto le sedute delle 15 del mercoledì. Il 17 marzo l’Assemblea Nazionale (la camera bassa del Parlamento) aveva già stabilito che proseguiranno soltanto “le discussioni dei testi urgenti e indispensabili legati alla crisi coronavirus” e il controllo sulle azioni del governo, mentre tutte le altre attività sono sospese. Ridotta all’osso la partecipazione: per scongiurare il contagio all’interno delle istituzioni (ma alcuni ministri sono già risultati positivi al virus) ogni gruppo politico sarà rappresentato, durante i dibattiti in commissione e nell'emiciclo, dal presidente del gruppo e da due deputati.
Al Bundestag, il parlamento tedesco, da giorni sono sospese le visite dei turisti, ma attualmente non risultano modifiche alle attività parlamentari. Alle sedute, tuttavia, partecipa un numero ridotto di esponenti, circa un terzo: secondo quanto riportato dal Tagesspiegel, il numero di parlamentari presenti è calcolato in rapporto al numero degli eletti, in modo da assicurare la corretta rappresentanza dei gruppi.
A Westminster, sede del parlamento britannico a Londra, dal 17 marzo sono sospese le visite turistiche. L’emergenza coronavirus ha anche imposto, dal 20 marzo, lo stop ai cosiddetti Westminster Hall debates, le riunioni in cui i parlamentari possono porre interrogare i ministri su tematiche locali o nazionali.
Dagli Stati Uniti, invece, non vengono segnalati particolari variazioni alle attività di Congresso e Senato.
Lo sport unisce tutti: stop ovunque
A unire tutti i paesi c’è lo sport: le gare sono sospese un po’ dappertutto, a cominciare dall’Italia dove il calcio è ad esempio fermo fino al 3 aprile. Altrettanto ha fatto la Spagna: il campionato è fermo per le prossime due giornate e la situazione verrà valutata nuovamente il 25 marzo. Sport paralizzato in Francia, dove la Ligue 1 è sospesa fino a nuove decisioni e la finale di Coppa di Lega tra Paris St Germain e Lione, fissata per il prossimo 4 aprile, è stata rinviata. Lo stop agli eventi sportivi coinvolge anche la Germania (niente calcio fino al 2 aprile) e Regno Unito, che si allinea al resto d’Europa e congela i campionati fino al 4 aprile. Anche gli Stati Uniti, infine, hanno optato per lo stop: non c’è ancora una data per rivedere sul parquet i campioni di pallacanestro dell’Nba, fermo dall’11 marzo, e neppure quella del ritorno sul ghiaccio delle stelle dell’Nhl (il campionato di hockey). Il football americano, invece, aveva già concluso la sua stagione, ma il draft delle migliori promesse dei college - l’evento clou della primavera in programma ad aprile - si svolgerà a porte chiuse e senza pubblico.