Tutto accade nel silenzio più assoluto, coperto dall'allarme generalizzato per la pandemia da nuovo coronavirus. La Somalia è tornata ad essere un teatro di guerra allarmante: conflitti interni, terrorismo, e bombardamenti americani stanno squassando uno Stato che non riesce, da decenni, a raggiungere la pace.
Per gli Stati Uniti la lotta ad al-Shabaab è diventata una priorità in Africa, tanto da far dimenticare altri teatri, come il Sahel. A dimostrarlo è il moltiplicarsi dei raid aerei e bombardamenti a danno di postazioni dei terroristi di al-Shabaab, tanto da raggiungere quelli eseguiti in Siria e in Iraq. A renderlo noto è l’agenzia Shabelle Media Network.
Gli Stati Uniti hanno condotto 25 bombardamenti contro al Shabaab nel 2020. L’ultimo è avvenuto lunedì scorso nei pressi di Janaale, dove il Comando statunitense in Africa (Africom) ha dichiarato di aver eliminato quattro terroristi.
Secondo i dati pubblicati da Voice of America della difesa americana, gli Stati Uniti hanno condotto 29 attacchi aerei contro il sedicente Stato islamico in Iraq e in Siria dal primo gennaio al primo marzo, ultima data in cui sono stati confermati bombardamenti. Africom ha condotto 63 bombardamenti aerei in Somalia l’anno scorso, la maggior parte contro al-Shabaab, che conta circa 6.000 miliziani, insieme a una serie di bombardamenti contro lo Stato islamico.
Nel 2018 sono stati contati 47 bombardamenti militari Usa in Somalia. Un’escalation impressionante. A questo si aggiungono le dispute interne: sono ripetuti gli scontri tra le truppe dell’esercito federale somalo (Sna) e le milizie del Jubaland, la regione semi-autonoma nel sud della Somalia, al confine con il Kenya. Scontri durissimi che hanno creato il panico da una parte e dall’altra del confine con decine di migliaia di persone che sfuggono al conflitto. L’Onu parla di almeno 56 mila persone.
Combattimenti che vanno a inasprire ancora di più le già fragili relazioni tra Nairobi e Mogadiscio, alle prese con una disputa di non poco conto: quella del confine marittimo per il controllo di una porzione di mare dove si ritiene vi siano giacimenti petroliferi.
Che la tensione sia alta lo dimostra anche il fatto che il vice governatore della regione somala di Ghedo, Abdi Moalimu, ha minacciato di mobilitare le truppe delle Forze armate somale (Sna) per invadere il Kenya.
Tutto ciò nel quadro dell’escalation scoppiata per la presunta presenza nel Paese vicino dell’ex ministro della Sicurezza del Jubaland, Abdirashid Janan, evaso di prigione a Mogadiscio e che, secondo fonti di intelligence, si troverebbe in Kenya.
È noto, inoltre, che il Kenya conta molto sull’appoggio del Jubaland in chiave anti-terrorismo e per il controllo del confine marittimo conteso con la Somalia. Moalimu si è spinto molto in là. “Non possiamo permettere l’interferenza delle Forze armate keniote (Kdf) nel nostro territorio”, ha detto. “Questo è assolutamente inaccettabile. La Somalia non è una colonia del Kenya e questo deve essere chiaro”.
Secondo i media locali, le forze Sna stanno ammassando truppe nelle città somale di Beled Hawo e Dolow, al confine con il Kenya. Le forze armate keniote, invece, sono presenti in Somalia dal 2011 nel quadro della missione per il contrasto ad al-Shabaab e integrate nella Missione dell’Unione africana in Somalia. Un’escalation, dunque, pericolosa.
La regione del Jubaland, anche dagli americani, è ritenuta un importante alleato in funzione anti-terrorismo. Sul fronte interno, poi, sono forti le tensioni nel Nord del Paese tra il Somaliland, stato autoproclamatosi indipendente, e il Puntland, regione semi-autonoma. Anche qui gli scontri sono stati pesanti ma, per ora, sembrano sopiti vista la dura reazione delle forze del Puntland.
Un quadro di accentuata instabilità in un Paese che da quasi trent’anni non conosce la pace. E ad avvantaggiarsene sono i miliziani di al-Shabaab, legati ad al-Qaeda, che, pur avendo perso il controllo di parte delle coste, è ancora molto forte e presente nelle aree meridionali del Paese, dove ha un discreto sostegno della popolazione lasciata sola dallo Stato centrale che non riesce a soddisfare alcun bisogno essenziale.
I numeri sono allarmanti: circa 5,4 milioni di persone su 15 milioni che vivono nel Paese devono fronteggiare l’insicurezza alimentare, mentre circa 2,2 milioni di persone vivono in gravi condizioni di insicurezza alimentare acuta.
A ciò si aggiunge che la metà della popolazione vive in condizioni di povertà estrema. Poi sono arrivate le cavallette a fare il resto. Sciami di locuste stanno distruggendo il territorio – situazione comune a tutto il Corno d’Africa – con conseguenze gravissime sui raccolti.
Uno sciame di locuste potrebbe consumare in un solo giorno la stessa quantità di cibo della metà della popolazione della Francia (stime Fao). La Somalia cosa ha fatto? Ha dichiarato lo stato di emergenza, parole a cui non seguono azioni, anche perché non ha il controllo del territorio: a nord imperversano i miliziani dell’Isis e nelle regioni meridionali i terroristi di al-Shabaab.