È giallo sull'errore che ha portato all'annuncio, poi smentito, dell'avvio delle operazioni di ritiro delle truppe Usa dall'Iraq, all'indomani della richiesta del Parlamento di Baghdad in seguito all'uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani nel raid americano del 3 gennaio. Alcuni media, tra cui France Press e Cnn, sono entrati in possesso di una lettera inviata al vice capo del Comando militare iracheno delle operazioni congiunte, Abdul Amir Yarallah, dal generale William H. Seely, comandante delle operazioni militari statunitensi in Iraq.
Nella missiva si comunica che le truppe "si riposizioneranno nei prossimi giorni e settimane per prepararsi a movimenti successivi", in vista di un'"uscita" dall'Iraq, nel rispetto della "sovranità" del Paese e di quanto chiesto dal Parlamento iracheno.
La missiva è "autentica", ma era una "bozza", che non era stata firmata e "non doveva essere inviata. È stato un errore di Frank McKenzie", il capo del Comando centrale Usa, come si p affrettato a spiegare alla stampa il capo di Stato maggiore congiunto, Mark Milley. La lettera mirava a sottolineare l'aumentato livello del movimento di truppe, ma era "mal formulata", ha aggiunto Milley.
Il segretario alla Difesa Usa, Mark Esper, ha assicurato che "non c'è alcuna decisione di alcun genere sul ritiro dall'Iraq". "Non è stata presa nessuna decisione di lasciare l'Iraq. Punto", ha affermato il capo del Pentagono, aggiungendo che "quella lettera non è coerente con la nostra attuale posizione".
La pressione per un ritiro delle truppe Usa dall'Iraq è cresciuta dopo la sconfitta dell'Isis nel 2017, soprattutto tra le fazioni fedeli all'Iran, ma gli appelli per la loro espulsione si sono fatti più rumorosi dopo l'uccisione di Soleimani, insieme a leader delle milizie irachene sciite.
In una sessione straordinaria boicottata da molti deputati sunniti e curdi, il Parlamento ha approvato una risoluzione non vincolante che chiede al governo di mettere fine alla presenza di truppe straniere nel Paese. Richiesta appoggiata dal premier dimissionario iracheno, Adel Abdul Mahdi, il cui governo dovrebbe ora presentare una legge in questo senso che revocasse la richiesta di aiuti militari e che aprirebbe la strada alla 'cacciata' delle forze straniere.
Gli Stati Uniti hanno 5.200 militari in Iraq. Gli Usa si sono ritirati dal Paese mediorientale nel 2011, ma vi sono tornati nel 2014 su invito del governo di Baghdad per contribuire alla lotta all'Isis.