Si moltiplicano i casi di studenti che pongono domande provocatoriamente revisioniste quando sono in visita nei campi di concentramento nazisti. L'ultimo caso è quello del memoriale di Bergen-Belsen, i cui responsabili hanno denunciato un "preoccupante aumento" di domande che "mettono in discussione" le circostanze e le cifre relative all'Olocausto, a partire da quelle relative al numero effettivo delle vittime dei lager del Terzo Reich.
In un'intervista alla Hannoversche Allgemeine Zeitung, Jens-Christian Wagner, il direttore del memoriale del campo di Bergen-Belsen - dove trovarono la morte ben oltre 70 mila deportati - ha raccontato che sempre più spesso si trova dinnanzi visitatori che fanno domande volte a mettere in discussione la verità storica dell'Olocausto. A detta di Wagner, in diversi casi sarebbe apparso evidente "che molti giovani sembrano essere indotti a fare così da insegnanti o da altre persone", all'interno di un fenomeno per il quale da qualche anno "i confini del dicibile si sono evidentemente spostati verso destra".
Anche prima si registravano episodi del genere, "ma mai in queste proporzioni", spiega Wagner. Il quale punta l'indice sull'Afd, il partito dell'ultradestra presente nel Bundestag dal 2017, e sulla crescita delle formazioni di estrema destra in Germania.
Il direttore del lager - uno dei campi più famigerati del sistema concentrazionario nazista, situato in Bassa Sassonia - riferisce in particolare di un episodio recente: sembrerebbe che sia stato un insegnante militante nell'Afd a spingere i ragazzi "a provocare con determinate domande", in particolare quelle volte ad affermare che le vittime nei lager nazisti fossero molte meno di quanto riportano le fonti ufficiali.
Tra il 1943 e il 1945 a Bergen-Belsen furono deportate oltre 100 mila persone, tra cui migliaia di bambini. Tra le vittime del campo anche Anne Frank, che arrivò qui dopo esser stata detenuta ad Auschwitz. Bergen-Belsen tecnicamente non era un campo di sterminio: ciò nonostante i morti al campo furono oltre 70 mila. La maggioranza furono ebrei dalla Boemia e dalla Moravia nonché polacchi, ma anche omosessuali, prigionieri politici, testimoni di Geova, cattolici e zingari.
Poco meno di 40 mila morirono di stenti o di malattia tra il maggio 1943 e l'aprile 1945, cui si aggiungono oltre 13 mila persone che perirono sempre per malattia o debolezza nei giorni successivi alla liberazione.