È stato il giorno della collera in Iraq: in migliaia hanno dato l'ultimo saluto al generale iraniano Qassem Soleimani e al comandante iracheno Abu Mahdi Al Mouhandis, uccisi giovedì notte - insieme ad altre otto persone - in un raid americano vicino all'aeroporto di Baghdad. "Morte all'America" è stato l'inno che ha guidato la cerimonia funebre, in cui hanno sfilato i più alti vertici delle milizie e con loro il premier, Adil Abdul-Mahdi, che ha proclamato tre giorni di lutto.
L'Iran, colpito al cuore, promette una vendetta con il sangue. Il presidente iraniano, Hassan Rohani, portando le sue condoglianze alla famiglia Soleimani, ha assicurato che "gli americani vedranno la vendetta per anni" e "pagheranno un prezzo altissimo".
I primi lampi di guerra hanno squarciato il cielo iracheno già nella serata, quando le salme dei "martiri" iracheni avevano raggiunto Najaf per essere accolti all'interno del più grande cimitero sciita al mondo. Almeno due colpi di mortaio sono piombati nei pressi dell'ambasciata americana a Baghdad. L'area è stata circondata dalle forze di sicurezza e la strada che porta al compound è stata chiusa. L'azione bellica pare provenire dalle milizie sciite filo-iraniane anche se mancano notizie certe.
Secondo una prima ricostruzione di al-Arabiya, il primo razzo è caduto in piazza delle celebrazioni nel mezzo della Green Zone, mentre il secondo è caduto vicino all'hotel Babylon dall'altro lato dell'ambasciata americana. Per quanto riguarda il terzo razzo, è caduto invece fuori dalla Green Zone, ferendo 3 civili. Tre colpi di mortaio hanno invece raggiunto la base aerea di Balad, che ospita le forze americane a sud del Governatorato di Salah al-Din, ferendo 3 soldati iracheni, secondo il comando della base che ospita i soldati americani, mai così odiati.
Ultimatum di Hezbollah
Le Brigate irachene di Hezbollah hanno lanciato l'ultimatum alle forze dei connazionali: "Si allontanino dalle basi da domenica a sera, almeno un chilometri di distanza e non siano scudi umani".
Da Washington intanto arrivano accuse a Soleimani, cui viene imputata la responsabilità dell'uccisione di almeno 603 americani. Il Pentagono ha inviato altri 2.800 soldati, per lo più in Kuwait per prepararsi al peggio. Nei prossimi giorni il Parlamento iracheno terrà una seduta urgente per decretare l'espulsione di tutti i 5.200 militari Usa presenti nel Paese. "Chi voterà contro, sarà considerato un traditore della patria", ha avvertito un deputato filo-iraniano. La Nato ha già sospeso l'addestramento delle forze irachene.
L'Europa cerca di mediare
Sul fronte internazionale, il timore è di essere a un passo dalla guerra aperta. "L'escalation è da evitare" è la raccomandazione che più si ripete nelle telefonate tra i capi della diplomazia, nonostante gli americani esprimano delusione per essere stati "abbandonati" dall'Europa che non si è mostrata abbastanza solidale.
L'Alto rappresentante dell'Ue per la politica estera e la difesa, Josep Borrell, "ha sottolineato" in un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, "la necessità di una de-escalation" dopo la morte di Soleimani. Durante la discussione "con Zarif sui recenti sviluppi", Borrell ha sottolineato "la necessità di esercitare moderazione ed evitare ulteriore escalation".
"35 obiettivi alla portate dei Pasdaran"
Ci sono "35 obiettivi americani a portata" dei Pasdaran, ha dichiarato un comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane, Ghulam Ali Abu Hamza, citato dall'agenzia stampa di Teheran, Tassnim. "Oltre a Tel Aviv ci sono 35 obiettivi americani nella regione a portata dei nostri lanci", ha minacciato.
"Gli Stati Uniti e Israele devono vivere in uno stato di terrore costante dopo l'uccisione del martire Qassem Soleimani", ha aggiunto. Tra gli obiettivi, ha segnalato lo Stretto di Hormuz "dove passano decine di navi da guerra americane", il Golfo di Oman e il Golfo Persico.