Dall'Afghanistan all'ex Jugoslavia, dall'Iraq all'Ucraina, senza dimenticare lo scenario mediorientale e la Libia: i contractor rappresentano ormai una presenza costante nei conflitti internazionali. Il termine deriva principalmente da Private Security Contractors, ma ci si riferisce a loro anche con l'acronimo Cmp, che sta per Compagnia militare privata.
Qualcuno li definisce 'mercenari' - termine ovviamente molto controverso - di fatto si tratta di soggetti dipendenti di un'impresa che fornisce consulenze o servizi specialistici di natura militare. È sin dall'inizio del nuovo millennio che in particolare gli Usa hanno progressivo fatto ricorso alle Private Security Contractors, con un picco nei primi dieci anni degli anni 2000, con un giro d'affari complessivo che in quel periodo poteva essere superiore ai 100 miliardi di dollari l'anno.
Molto spesso si parla anche di 'security contractor', per indicare soggetti attivi innanzitutto nel campo della sicurezza di persone e di beni, ossia nel campo della vigilanza privata. Altre funzioni sono quelle di addestramento specialistico o integrazione di forze armate vere e proprie.
Tra le criticità il fatto che spesso si ricorra a contractor per non esporre un determinato Stato dal punto di vista degli equilibri di politica internazionale. In Italia si è iniziato a parlare di contractor con il caso di Fabrizio Quattrocchi, rapito e ucciso in Iraq nel 2004, dove lavorava appunto per una compagnia di sicurezza.
Negli Usa ci sono state molte polemiche intorno alla società di contractors Blackwater (oggi Academi), in particolare dopo uno scontro a fuoco a Baghdad nel 2007 quale rimasero uccisi almeno 14 civili iracheni.