Il 12 dicembre gli algerini sono attesi alle urne per le prime presidenziali dell'era post Bouteflika, ma sul voto soffia un vento di protesta. In realtà da sabato scorso le operazioni di voto sono già in corso all'estero, dove la diaspora algerina è chiamata ad eleggere il futuro presidente dopo l'uscita di scena dell'82enne Abdelaziz Bouteflika, costretto alle dimissioni lo scorso aprile dopo un regno durato 20 anni. A votare da lunedì sono anche le popolazioni nomadi sul territorio algerino, mentre i 5 candidati in lizza osservano il silenzio elettorale.
Chi sono i candidati
Ad eccezione di uno - l'ex deputato Abdelaziz Belaid, leader del Fronte El Moustakbel - gli altri 4 aspiranti presidenti sono tutti ex ministri di Bouteflika. Tra questi c'è il 75enne Ali Benflis, ex capo di governo già sconfitto due volte alle presidenziali e Abdelmadjid Tebboune, ex prefetto, più volte ministro e brevemente premier nel 2017. L'Autorità nazionale indipendente per le elezioni (Anie) ha accolto la candidatura di Azzedine Mihoubi, ex ministro della Cultura e segretario generale ad interim del Raggruppamento nazionale democratico (Rnd), sostegno tradizionale di Bouteflika per la prima volta in lizza alle presidenziali. L'ultimo contendente e' l'ex ministro del Turismo, Abdelkader Bengrina, ex dirigente del Movimento della società per la Pace (Msp), unico esponente islamista in quanto le altre formazioni di questa corrente hanno deciso di non prendere parte direttamente al voto.
La campagna elettorale di 22 giorni è stata caratterizzata da un disinteresse quasi totale dei cittadini, impegnati invece a portare avanti le ormai rituali proteste di piazza: lo scorso 6 dicembre ad Algeri è stato il 42esimo venerdì consecutivo di mobilitazione popolare. Dopo aver ottenuto la destituzione di Bouteflika, gli algerini hanno continuato a manifestare per abbattere l'intero sistema costruito dal longevo capo di Stato. "Makache vote" ("Nessun voto"), "Uno Stato civile non militare", "Non voteremo, non ci fermeremo" sono stati alcuni degli slogan intonati venerdi' scorso contro la prossima scadenza elettorale, valutata come strumento per consentire a questo stesso sistema di rigenerarsi.
Ai quattro angoli del Paese i candidati hanno tenuto comizi - nell'insieme poco partecipati - promettendo sviluppo economico e culturale, soprattutto nelle regioni rurali e in quelle più remote. Unico elemento di novità della campagna elettorale è stato un inedito dibattito televisivo, trasmesso in diretta da emittenti televisive e radiofoniche pubbliche e private. In conclusione del dibatto i 5 candidati hanno avuto tre minuti a disposizione per presentare i propri impegni di governo e cercare di convincere gli algerini, ma nessuno di loro è in posizione di vantaggio. "Invece di organizzare dibattiti, l'autorità elettorale avrebbe dovuto organizzare il voto" ha commentato Belabbes Benkredda, presidente di dell'ong Munathara, con sede a Tunisi, organizzatrice del dibattito alle ultime presidenziali nel paese vicino.
"Nel caso algerino il dibattito non ha risposto alle norme internazionali di trasparenza e indipendenza nei confronti dello Stato", ha sottolineato Benkredda, facendo notare che è stato orchestrato dalla stessa Autorità nazionale indipendente per le elezioni. Volutamente rassicuranti le parole del capo di stato maggiore dell'esercito, il generale Ahmed Gaid Salah, che nel suo unico intervento pre-elettorale ha definito il voto del 12 dicembre "una scadenza cruciale ed importante che sarà, con l'aiuto di Allah, una festa elettorale attraverso la quale la volontà popolare sarà attuata".
"Prime elezioni trasparenti ed eque"
E da Roma il ministro degli Esteri algerino, Sabri Boukadoum, ha garantito che "per la prima volta le elezioni in Algeria avranno una autorità indipendente, saranno trasparenti ed eque". Intervenuto ai Med Dialogues, Boukadoum ha riferito che "durante l'estate abbiamo fatto di tutto per dialogare con la società civile, perché questa è la soluzione migliore. Qualunque cosa accada alle prossime elezioni, vogliamo che l'Algeria sia così com'è: un paese aperto al dialogo".
Dichiarazioni che contrastano con le notizie dal terreno: Amnesty International ha denunciato un "intensificarsi" della repressione delle manifestazioni con l'avvicinarsi del voto. Come conseguenza dei ripetuti appelli al boicottaggio della società civile, gli analisti prevedono un tasso di affluenza molto basso e difficilmente il nuovo presidente sarà eletto al primo turno. Gli algerini si sono mobilitati in massa contro lo "scrutinio-farsa" e l'ultima parola spetta a loro.