La "novità" e la sfida maggiore del summit Nato, che si è aperto a Londra, è quella del rapporto con la Cina. Ne è convinto Ferdinando Nelli Feroci, presidente dell'Istituto affari internazionali (Iai), secondo il quale è necessario che sul tema "l'Europa trovi una posizione comune" per rafforzare la sua posizione non solo nei confronti di Pechino, ma anche degli Stati Uniti di Donald Trump.
"Il summit doveva essere l'evento conclusivo di una serie di celebrazioni per il 70 anniversario dell'Alleanza", ha sottolineato Nelli Feroci in un'intervista all'AGI, "ma rischia di diventare un vertice complicato, per una serie di tensioni che andranno gestite in modo da evitare che diventino dirompenti". La prima "difficoltà" è rappresentata dalla "forte pressione esercitata dagli americani sugli alleati europei, perché spendano di più nella difesa".
"C'è l'impegno ad arrivare al raggiungimento del 2% del Pil in spesa per la Difesa", ricorda l'ambasciatore, "ma molti sono ancora al di sotto di quell'obiettivo". Su questo fronte l'Italia "sarà nel mirino, perché siamo il paese che tra gli alleati europei spende meno in rapporto al Pil". "L'Italia", ha spiegato il presidente Iai, "sostiene che andrebbe contabilizzata la sua partecipazione alle missioni internazionali, in particolare quelle della Nato, ma questo sarà sicuramente un argomento su cui gli Stati Uniti faranno pressioni".
Un altro tema sensibile, su cui l'Italia "potrebbe essere più esposta è il rapporto con la Cina". Il dossier Cina è "delicato ed è anche una novità rispetto alle agende dei precedenti vertici Nato". "Gli americani", ricorda Nelli Feroci, "sono impegnati in un'offensiva a vasto spettro per convincere gli europei che Pechino è una minaccia. Questo è un problema perché la percezione della Cina in Europa non è la stessa che che hanno negli Usa: da noi continuiamo a ritenerla più come un'opportunità".
"Su Pechino serve una linea comune"
"In un contesto come quello del vertice Nato", avverte Nelli Feroci, "l'Italia rischia di essere considerata come il principale sospettato di un'eccessiva apertura nei confronti di Pechino". A suo dire, "sarebbe opportuno che gli europei si presentassero con una linea comune sul tema del rapporto con la Cina, perché è evidente che non siamo allineati con le preoccupazioni americane e non sappiamo nemmeno quanto le questi timori siano fondati e quanto invece non ci sia, da parte dell'amministrazione Trump, il tentativo di creare un nemico esterno per compattare un fronte interno".
Inoltre, continua il presidente Iai, "avere una linea condivisa tra gli europei anche sul tema dell'acquisto di tecnologia 5G dalla Cina rafforzerebbe la loro posizione non solo nei confronti degli americani, ma soprattutto nei confronti dei cinesi". "È giusto", riconosce, "avere un atteggiamento di cautela verso la Cina in generale, ma al tempo stesso dobbiamo considerare che si tratta di un grande paese che vuole aprirsi sempre di più e con cui abbiamo interesse a cooperare".
Il terzo dossier sensibile al summit Nato è quello della Turchia, "a pieno titolo un membro dell'Alleanza, ma che si comporta come se non ne facesse parte": acquista dalla Russia gli S-400 e interviene militarmente nella Siria del Nord senza consultare gli alleati. "Dobbiamo chiederci se in quello scacchiere la Turchia subisse un'offensiva che mettesse a rischio la sua sicurezza in che misura potrebbe chiedere l'applicazione dell'articolo 5, cioè l'intervento degli alleati?".
Nelli Feroci auspica, infine, che in sede Nato "si affronti il tema del controllo degli armamenti e il futuro dei negoziati sul disarmo", dopo l'uscita degli Usa dal Trattato Inf sui missili nucleari a raggio intermedio. "Da parte europea abbiamo tutto l'interesse che, non dico venga prorogato, ma almeno sostituito da uno strumento analogo".