Italia e Repubblica Ceca hanno buone relazioni economiche e anche culturali e la visita del ministro degli Esteri a Milano avviene appena una decina di giorni dopo che la città ha celebrato i 30 anni dalla “Rivoluzione di velluto" del 1989 accogliendo, in un chiostro dell'università statale, l'installazione Vaclav Havel's place. “Sono felice che Milano sia la dodicesima città che ospita un Havel's place”, ha detto il ministro Tomas Petricek in un'intervista all'Agi. Come ha spiegato, la scultura non è solo simbolica della vita e del lavoro dell'ex dissidente, poi primo presidente della Cecoslovacchia e della Repubblica Ceca, “ma anche un richiamo al dialogo democratico.
La stessa forma di panchine disposte attorno a un tavolo invita a sedersi e parlare per trovare punti comuni. È anche un messaggio per le manifestazioni di questi giorni a Praga". Nell'ultimo periodo, centinaia di migliaia di persone hanno dimostrato in piazza contro il governo guidato dal populista Andrej Babis, che guida un esecutivo di coalizione con i socialisti europeisti del Cssd (partito al quale fa riferimento Petricek) e i comunisti euroscettici. Una alleanza complicata, ma necessaria per far fronte alla crisi politica del paese ed europea, secondo il ministro degli Esteri.
“La gente si preoccupa per il futuro della nostra democrazia – spiega – ci sono molte ragioni che spiegano la loro frustrazione. Non solo la politica, ma la società più povera. Usciamo dall'età d'oro del nostro paese, che in centinaia di anni non aveva mai avuto un periodo così lungo di democrazia e libertà. Ma vediamo molti trend negativi in giro per il mondo, l'insorgere di populismi ed estremismi come risposta alla paura del futuro. La classe media ha dovuto far fronte alla globalizzazione e alla digitalizzazione e si è impoverita, ora chiedono garanzie per il futuro dei loro figli".
Pensa che l'Europa possa dare risposte?
“Credo sia parte della soluzione e non del problema. Dobbiamo spiegare ai cittadini che lavorare insieme per cercare un consenso e un compromesso sui temi chiave attraverso l'Unione europea è qualcosa che aiuta tutti noi: per far fronte alla globalizzazione e alla crescita dei nuovi poteri economici e politici nel mondo, insieme siamo più forti. Adattarsi alla nuova realtà richiede che lavoriamo insieme. Non è possibile per gli stati singoli fornire più protezione e sicurezza alla gente”
Secondo il ministro degli Esteri di Praga, proprio seguendo la tradizione di Havel “è nostro compito collettivo provare a fare di più per aprire un dialogo in Europa. Abbiamo visto emergere di interessi e prospettive radicati che dobbiamo cercare di riconciliare. Abbiamo visto una grande crisi dei migranti, una crisi finanziaria, ora le questioni legate al cambiamento climatico: su tutto la società in Europa si sta polarizzando e il nostro sforzo deve essere nella direzione di depolarizzarla".
La Repubblica ceca è in questi mesi presidente di turno del cosiddetto gruppo di Visegrad, che comprende anche la Slovacchia, la Polonia e l'Ungheria, che spesso si contrappongono ai partner Ue su temi importanti come l’immigrazione. Quali sono le priorità della vostra presidenza?
“Sono tre. La prima, cercare di costruire un Europa ragionevole sui temi dove si riesce ad avere convergenza fra i paesi, per esempio il mercato interno o il ruolo dell'Europa nel mondo. La seconda, rendere competitiva l'Europa sul piano tecnologico ed economico. Ecco perché puntiamo molto sulla ricerca, la scienza e l'innovazione: una componente indispensabile della nostra agenda europea. Infine, provare a riconciliare le diverse opinioni nell’Unione europea e impegnarci in una discussione costruttiva con i nostri partner che hanno posizioni diverse. Per questo incontreremo i paesi Benelux in dicembre: crediamo nel coordinamento fra gruppi regionali di paesi, anche i nordici, i baltici. Ma Visegrad non è un'alleanza ideologica, non è istituzionale, ma una piattaforma pratica per discutere sui temi europei”.
Qual è l'approccio della Repubblica ceca sulla questione dell’immigrazione?
“Con l'Italia abbiamo un programma di sostegno per rafforzare la guardia costiera libica attraverso un trust fund che deve essere attuato, anche se ora non è facile: la situazione della sicurezza in Libia non è la migliore. È però un modo concreto per aiutare e mostrare la mostra solidarietà. Ma il dovere di essere solidali fra stati dell’Ue deve anche tener conto delle circostanze in cui noi politici ci troviamo nei rispettivi paesi, e nella nostra regione. Crediamo che serva una soluzione globale alla questione dell'immigrazione. Siamo pronti a discutere con i nostri partner i parametri di questa risposta europea anche se forse ora non è così urgente come 3-4 anni fa ma può tornare urgente nel futuro. La nostra priorità è stata espressa chiaramente e il focus è innanzitutto sulla protezione dei confini esterni; poi dobbiamo vedere come possiamo aggiustare il funzionamento del sistema di asilo in Europa. Pensiamo che si debba investire di più nei paesi di origine e transito dei migranti, attraverso programmi europei di assistenza allo sviluppo".
Che ruolo avrà la commissaria Vera Jourova, che nell'esecutivo Von der Leyen avrà la responsabilità dei valori e della trasparenza?
“Sarà uno dei vicepresidenti, e speriamo che possa costruire ponti fra le opinioni diverse. Non vogliamo più vedere emergere spaccature in Europa. Ognuno di noi dovrebbe essere consapevole che ci unisce più di quanto ci divide e differenzia. Visegrad è legittimato a intervenire nel dibattito europeo senza pregiudizi e stereotipi. Jourova avrà un portafoglio complicato, ma può essere la voce della Regione sui valori e le regole comuni, potendo parlare più facilmente con polacchi e ungheresi”.
L'Europa può essere un attore nella guerra commerciale in atto fra Usa e Cina?
“Ci sono problemi nel commercio internazionale ma continuo a pensare che il commercio aperto abbia portato vantaggi a tutti noi, ora seguiamo i recenti fenomeni di protezionismo con molta preoccupazione e pensiamo che l'Ue dovrebbe giocare un ruolo più attivo nell'influenzare l'agenda del commercio internazionale, impegnando i nostri partner nel dibattito all'interno del Wto. Anche se non è facile in questo momento, se vogliamo integrare la Cina nell'economia globale sulla base delle regole esistenti e degli standard Wto, dobbiamo avere anche gli Usa dalla nostra parte. Tutti insieme rappresentiamo metà dell'economia globale e siamo il più importante blocco democratico del mondo. Abbiamo il potere insieme di formulare regole per il futuro che possono anche tenere conto delle questioni climatiche".