La durata della presenza turca nel Nord-Est della Siria dipenderà molto dagli accordi che i principali attori sul campo raggiungeranno nei prossimi mesi. Sul tavolo la Russia - che si è proposta come mediatore in questo nuovo fronte di crisi - ha messo già da tempo l'idea di usare l'accordo di Adana, firmato da Siria e Turchia nel 1998, come base per definire la "cooperazione concreta" tra gli eserciti di Ankara e Damasco nella zona.
L'accordo in questione, spiega l'Ispi in una recente analisi della situazione, riguarda la gestione dei confini tra Siria e Turchia e dà ampie garanzie ad Ankara sulla gestione e la repressione da parte di Damasco dei militanti curdi, legati al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), il gruppo curdo che da decenni combatte contro il governo turco per ottenere l'indipendenza, anche attraverso una lotta armata, e di cui la Turchia ritiene emanazione il Ypg (Unità di Protezione Popolare) e il Pyd (Partito dell'Unione Democratica).
"Per gran parte degli anni Novanta", ricordano gli analisti dell'Ispi, "il regime degli Assad aveva permesso al Pkk di operare dal territorio siriano in funzione anti-turca causando forti attriti con Ankara, la quale aveva anche minacciato di attaccare la Siria militarmente".
La necessità di allentare tali tensioni aveva portato alla firma dell'accordo e alla repressione ed espulsione della militanza curda dal Nord della Siria. Adana era stata menzionata già dal presidente russo, Vladimir Putin, durante la visita del collega turco Recep Tayyip Erdogan a Mosca, lo scorso gennaio. Putin aveva citato l'accordo come possibile base per gli sforzi di Ankara di mettere in sicurezza i propri confini e combattere il terrorismo, creando una safe zone.
Il Trattato - ancora in vigore e per il quale Damasco espulse il leader del Pkk Abdullah Ocalan, - prevede non solo l'espulsione dei terroristi, ma anche che le truppe turche possano entrare nel territorio della Siria fino a un massimo di 10 chilometri, per condurre operazioni anti-terrorismo, ma non dà loro il diritto di rimanere in modo permanente sul territorio siriano.
Rispolverando Adana, il Cremlino mira a incoraggiare la Turchia a tornare al dialogo con il regime di Damasco che, grazie al peso di Mosca, è destinato a prendere il controllo dei territori in mano ai curdi del Ypg, prima del ritiro Usa, (così come della altre aree liberate dai turchi con le operazioni del 2017 e 2018).
Allo stesso tempo, col riferimento al Trattato del 1998, la Russia vuole assicurarsi che le azioni di Ankara siano circoscritte solo a questioni di sicurezza dei confini e manda anche un messaggio ai militanti curdi, incoraggiandoli a collaborare col regime.
La domanda che in molti si fanno ora è se Damasco sarà disposta - nel rispetto di Adana - a riconoscere il Ypg un gruppo terrorista (come fa la Turchia), espellere i suoi leader e chiudere i loro campi come fece allora col Pkk e il suo numero uno, Abdullah Ocalan, nel quadro dell'accordo di Adana. Se i militanti curdi verranno inglobati nell'esercito siriano, questo rappresenterebbe ancora un elemento di preoccupazione per Ankara.