All'indomani dell'accordo con i curdi, le forze del regime siriano si avvicinano alla frontiera con la Turchia, dove le truppe di Ankara e i loro alleati siriani da giorni combattono contro le milizie Ypg. Anche la Turchia continua ad avanzare: assicurando che la Russia non ha obiezioni rispetto a un "affondo" che ricomprenda la città di Kobane, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che vuole allargare la safe zone a ovest fino a Manbij.
Proprio questa città, a ovest del fiume Eufrate e finora sotto il controllo dei curdi Ypg dopo essere stata una roccaforte dell'Isis fino al 2016, si appresta ad essere teatro del primo scontro tra l'Esercito libero siriano, le milizie filo-turche che sostengono Ankara nell'offensiva contro i curdi, e l'esercito siriano di Bashir al-Assad che è entrato nella città sotto assedio.
Il presidente turco, Rece Tayyip Erdogan, ha assicurato che "quando Manbij sarà evacuata, non ci entreremo come Turchia, saranno i nostri fratelli arabi, i veri proprietari, le tribù a ritornare li'". "Il nostro approccio è di assicurare il loro ritorno e la sicurezza li'", ha sostenuto il 'sultano'. E mentre pure le Ong lasciano l'area, ormai diventata incandescente, anche l'Europa si muove e al termine del Consiglio Affari Esteri in Lussemburgo - nonostante l'opposizione di Londra - ha espresso "condanna" per l'operazione militare della Turchia in Siria e "impegno a rafforzare le posizioni nazionali in merito alla politica di esportazione" di armi verso Ankara.
Su questo punto non si è raggiunta una posizione unitaria: non ci sarà dunque un embargo della Ue, ma ogni Stato membro potrà decidere come procedere. L'Italia è in prima fila tra i Paesi membri che hanno decretato lo stop della vendita di armi ad Ankara, come ha confermato da Lussemburgo il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, annunciando a breve un atto interministeriale con cui sarà fermato "l'export di armamenti verso la Turchia per tutto quello che riguarda le commesse da domani in poi, il futuro dei prossimi contratti e dei prossimi impegni".
"Era importante che tutta l'Europa assumesse la stessa posizione, ma abbiamo lasciato ai singoli Stati l'impegno di farlo perché questo crea immediatezza - ha detto Di Maio alla fine della riunione - Questo fa si che non si debba fare un embargo europeo, che poi porta a mesi e mesi di lavoro che avrebbero vanificato l'immediatezza dell'intervento", ha aggiunto. Il ministero della Difesa turco ha annunciato che due capoluoghi nel nord-est della Siria, Tel Abyad e Ras al Ayn, nonchè un grande centro, Suluk, e 56 villaggi sono stati "liberati dai terroristi" delle milizie curde Ypg, contro cui è diretta l'offensiva "Fonte di pace", sferrata il 9 ottobre dall'esercito turco. Intanto continua il ritiro delle truppe americane, sostanziale 'disco verde' a Erdogan: un convoglio di blindati ha abbandonato Kobane, diretto probabilmente verso la base di Raqqa (nella tarda serata di ieri i marines si erano ritirati da Ayn Isa).
Proprio ad Ayn Isa si trova una prigione in cui erano detenuti terroristi dell'Isis. Prigione trovata vuota dalle forze turche ed Erdogan, ha accusato Ypg di aver liberato i jihadisti allo scopo di "provocare il caos". Accusa ventilata anche dal presidente americano, Donald Trump, in un Twitter nel quale ha ipotizzato che "i curdi potrebbero rilasciare alcuni (jihadisti) per coinvolgerci". Molti miliziani però potrebbero essere "facilmente ricatturati dalla Turchia o dalle nazioni europee da dove molti di loro vengono, ma bisogna fare in fretta", ha aggiunto. Nello stesso tweet, Trump ha annunciato che "grandi sanzioni sono in arrivo per la Turchia!".
Uno scenario sul quale il segretario al Tesoro americano, Steven Mnuchin, ha mostrato più cautela. "Non è troppo tardi per imporre sanzioni alla Turchia", ha affermato, ricordando che "la Turchia è un membro della Nato e un nostro alleato che ora sta combattendo con i curdi, che ci hanno aiutato con l'Isis". "è una situazione complicata e stiamo monitorando", ha sottolineato Mnuchin dopo una riunione del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca. Intanto da Baku, Erdogan si è rivolto alla Nato, chiedendo sostegno per l'operazione militare 'Fonte di Pace'. "Non rinunceremo all'operazione che stiamo conducendo.
Siamo membri della Nato e anche i Paesi dell'Ue lo sono. Ora spiegatemi come è possibile che alleati all'interno della Nato difendano un'organizzazione terroristica e attacchino un loro alleato come la Turchia. Forse questa organizzazione terroristica è entrata a far parte della Nato e io non sono stato informato?", ha proseguito. Il presidente turco ha poi assicurato che "nessuna minaccia di sanzioni ci fermerà, purtroppo siamo vittima di un doppio standard di trattamento applicato alla Turchia nella lotta al terrorismo". A questo proposito, ha ricordato Erdogan, "la Turchia ha combattuto contro tutte le peggiori organizzazioni terroristiche: dall'Isis ai golpisti di Feto, dal Pkk fino ad al Qaeda. Una lotta che è costata la vita a decine di migliaia di nostri concittadini. Nessuno meglio della Turchia conosce il dolore derivante dal terrorismo".