Soprannominato 'Robocop' perché si muove in modo rigido e un po' meccanico, Kais Saied, il giurista ultraconservatore che si presenta come candidato indipendente e antisistema, punta a diventare il terzo presidente eletto a Tunisi dopo il trionfo, nel 2011, della rivoluzione che ha disarcionato la dittatura di Zinedine el-Abidine Ben Ali.
Dopo la sorprendente vittoria al primo turno con il 18,7 per cento dei voti, secondo i sondaggi è avanti di oltre due punti e mezzo sul rivale, il populista magnate della televisione, Nabil Karoui; e ha anche ottenuto l'appoggio di vari dei suoi rivali al primo turno, tra i quali il candidato di Ennahda, il partito religioso conservatore di tendenza islamista che vinse le municipali del 2018 e ha 'bissato' con le legislative di domenica scorsa. Da ultimo, si è schierato con lui anche il primo ministro, Youssef al-Shahed: domenica scorsa ha detto che voterà contro la corruzione, una velata allusione a Karoui, messo in libertà lo scorso mercoledì dopo un mese e mezzo in prigione preventiva, perché accusato di evasione fiscale e riciclaggio di denaro.
Molto critico con il governo e i partiti politici, entrato nella 'corsà in maniera discreta, protagonista di una campagna elettorale atipica, porta a porta, Said è un nazionalista acerrimo e vuole ripristinare la pena di morte, oggetto di una moratoria dopo il trionfo della rivoluzione; considera l'omosessualità un costume alieno dalla società tunisina, introdotta dall'estero per destabilizzarla ed è anche dubbioso sull'uguaglianza di genere, che vuole equiparare i diritti tra uomini e donne in contrapposizione a Sharia.
Protezionista in economia, ritiene che le principali riforme di cui il Paese ha bisogno è la decentralizzazione, una riforma che non potrà attuare perché non di competenza della presidenza- e ha appena messo a punto altre proposte per rilanciare un'economia che soffre degli stessi problemi dei tempi di dittatura: corruzione e disoccupazione elevata che perpetuano la disuguaglianza, limitano le possibilità di sviluppo personale e spingono i flussi migratori.
Incognita dell'appuntamento con le urne è ancora il tasso di affluenza: in un mese è la terza volta che i tunisini sono chiamati a votare, una settimana dopo le legislative del 6 ottobre, e in un clima di disillusione crescente per le difficili condizioni economiche. Oltre alla piaga della disoccupazione, l'inflazione è in crescita, l'economia ferma e i servizi pubblici sono carenti. Inoltre la campagna elettorale per il ballottaggio è stata segnata da polemiche ed incertezze, che in parte si sono dissipate con la scarcerazione di Karoui accolta dai suoi sostenitori con entusiasmo e soddisfazione.