Le Forze Democratiche Siriane (Fds), l'alleanza di milizie curde, arabe e assiro-siriache costituitasi durante la guerra civile siriana e finanziata dall'Occidente per la lotta al sedicente Stato Islamico, sta valutando "una collaborazione con il presidente siriano Bashar al-Assad, con l'obiettivo di combattere le forze turche". Ad annunciarlo è stato il comandante, Mazlum Abdi, citato dal portale Rojava Network Broadcasting.
Assad finora non ha reagito all'offensiva annunciata da Ankara (che sostiene inoltre la principale fazione ribelle non legata al jihadismo, la Free Syrian Army) ma di certo non guarda con entusiasmo alla prospettiva che, se chiamati a difendersi dagli attacchi turchi, i curdi abbandonino il controllo delle carceri dove sono rinchiusi diecimila "fighters" islamici, di fatto mettendoli in condizione di scappare.
"Questa è una delle opzioni che abbiamo sul tavolo. Allo stesso tempo, invitiamo il popolo americano a fare pressione sul presidente Usa, Donald Trump perché ci aiuti", ha aggiunto Abdi. Inoltre, il comandante ha specificato che le truppe trasferite dall'alleanza lungo la striscia di confine tra Siria e Turchia, abbandonata dalle forze statunitensi, erano precedentemente assegnate a strutture di detenzione in cui sono detenuti i prigionieri dell'Isis. Abdi ha sottolineato che "la custodia dei prigionieri dell'Isis è secondaria" per le sue forze.
Ieri Trump ha annunciato, per poi ritrattare in parte, il ritiro delle truppe statunitensi di stanza sul confine turco-siriano in vista di una operazione a lungo pianificata dalla Turchia nel nord-est del Paese, scatenando la protesta dei gruppi armati curdi vicini all'Occidente e lasciando ad Ankara la responsabilità dei prigionieri dell'Isis catturati nell'area e che i Paesi europei rifiutano di rimpatriare.
Ieri, il Centro operativo e militare di coordinamento delle Forze Democratiche Siriane aveva denunciato "le prime conseguenze del ritiro degli Stati Uniti e del fallimento dell'Accordo sul meccanismo di sicurezza: le forze del regime siriano appoggiate dalla Russia si preparano a spostarsi militarmente verso la città di Manbij".
Quando nel gennaio 2018, con l'operazione 'Ramoscello d'ulivo', Erdogan tentò una prima sortita contro i curdi in territorio siriano, Assad condannò l'iniziativa come una violazione della propria integrità territoriale. Quel che è certo è che un'alleanza vera e propria con i curdi aprirebbe scenari geopolitici imprevedibili: collaborare con Assad significa anche, di fatto, collaborare con i russi, e ci sarebbero quindi inevitabili conseguenze sul rapporto non ostile con il presidente turco Recep Tayyp Erdogan che il capo del Cremlino, Vladimir Putin, è riuscito faticosamente a ricostruire negli ultimi anni.