Non ci sono solo gli spifferi antitrust, le multe per la gestione allegra della privacy e le pressioni su Libra. Facebook deve fare i conti con la decisione di applicare una crittografia più rigida a tutte le sue app. Stati Uniti, Regno Unito e Australia hanno inviato a Menlo Park una lettera per chiedere l'apertura di una backdoor. Cioè di una porta di servizio che consenta a forze dell'ordine e intelligence di fare quello che non sarebbe concesso né agli utenti né a Facebook stesso: guardare i contenuti dei messaggi.
Le richieste dei governi
La lettera, rivelata da Buzzfeed e dal Guardian, è stata inviata il 4 ottobre. È firmata dal segretario di Stato britannico per gli affari interni Priti Patel, dal procuratore generale degli Stati Uniti William Barr, dal segretario alla sicurezza degli Stati Uniti Kevin McAleenan e dal ministro degli Interni australiano Peter Dutton. Chiede a Mark Zuckerberg di non “procedere con il suo piano per implementare la crittografia end-to-end nei suoi servizi di messaggistica senza includere un mezzo per l'accesso lecito al contenuto delle comunicazioni per proteggere i nostri cittadini”. Un modo un po' prolisso per dire: va bene tenere chiuse le finestre per tutelare la privacy, ma quando bussiamo dovete farci entrare.
La crittografia nel nuovo Facebook “privato”
La crittografia end-to-end permette di leggere i messaggi trasmessi solo agli utenti coinvolti nella conversazione. Non possono intromettersi gli altri profili, le forze dell'ordine e neppure chi gestisce il servizio (che comunque può raccogliere dati di altro tipo). WhatsApp ha, già da tempo, adottato la crittografia end-to-end. A marzo Zuckerberg – un anno dopo il caso Cambridge Analytica - ha dichiarato che, passando per una maggiore integrazione tra le piattaforme del gruppo, tutti i messaggi privati saranno presto coperti dalla stessa tecnologia. Quindi anche Messenger e Instagram. È uno dei pilastri del nuovo Facebook, che fa degli ambienti privati e della riservatezza il proprio centro.
Privacy contro sicurezza (?)
La lettera ripropone una doppia dicotomia (più volte criticate): una riguarda l'opposizione tra salvaguardia degli utenti e dei cittadini; l'altra vede il diritto alla privacy in antitesi alla sicurezza. Due aspetti molto chiari nella lettera inviata a Facebook: “I miglioramenti della sicurezza nel mondo virtuale non dovrebbero renderci più vulnerabili nel mondo fisico. Dobbiamo trovare un modo per bilanciare la necessità di proteggere i dati con la sicurezza pubblica e la necessità che le forze dell'ordine accedano alle informazioni di cui hanno bisogno per indagare sui crimini e prevenire future attività criminali”.
Temuto è, in particolare, il rischio di abusi sui minori. La miscela di profili aperti e conversazioni crittografate potrebbero rendere le chat un pericolo “per i nostri figli”. La lettera cita anche una stima: nel 2018, Facebook ha fatto 16,8 milioni di segnalazioni al National Center for Missing & Exploited Children. Se la crittografia fosse adottata ovunque, Facebook non sarebbe più in grado di vedere il 70% di quel che è riuscito a notare fino a ore. Che vorrebbe dire 12 milioni di casi sospetti in meno.
Facebook non indietreggia
Facebook non sembra intenzionato a piegarsi. Un portavoce ha fatto sapere in una nota che Menlo Park è “fortemente contrario ai tentativi del governo di costruire backdoor perché minerebbero la privacy e la sicurezza delle persone ovunque”.
La società sta “consultando esperti di sicurezza, governi e società tecnologiche e dedicando nuovi team e tecnologie sofisticate in modo da poter utilizzare tutte le informazioni disponibili per aiutare a mantenere le persone sicuro, a partire dai bambini”. Zuckerberg ha dimostrato di avere ben chiaro il quadro della situazione e la linea da seguire: “Le forze dell'ordine – afferma nel dialogo riservato con i dipendenti poi finito sulle pagine di TheVerge - non saranno entusiaste” di un'espansione della crittografia nelle app di messaggistica. “Ma – ha proseguito il ceo - pensiamo che proteggere maggiormente la privacy sia la cosa giusta”.
Snowden dalla parte di Zuckerberg
Il dibattito sulla crittografia come freno alle indagini non è nuovo. Già nel 2016, l'Fbi ha chiesto a Apple di sbloccare l'iPhone di uno degli assassini di San Bernardino. La Mela si era sempre opposta a una backdoor e lo ha fatto anche in quelle ore, con 14 cadaveri sulle strade della California. La questione è complessa. Aprire una porta non dà mai garanzie che poi venga richiusa, né come verrà utilizzata. Potrebbe essere uno strumento nelle mani di hacker coreani o russi, ad esempio.
Senza dimenticare che non è poi necessario andare verso est per incontrare pericoli. Il caso Nsa ha dimostrato quanto il confine tra sicurezza e sorveglianza possa essere sfumato. E proprio l'uomo che ha rivelato le magagne della Nationa Security Agency ha criticato le pretese di Washington, Londra e Canberra. Su Twitter, Edward Snowden (che non si può certo dire un sostenitore di Zuckerberg) ha scritto che, se Facebook cedesse alle pressioni, “si tratterebbe della più grande e immediata violazione della privacy nella storia”.