Arabia Saudita e Stati Uniti ne sono convinti: dietro l'attacco alle due maxi raffinerie di Aramco, nell'Est del regno saudita, c'è l'Iran. E non per il sostegno ai ribelli Houthi, che combattono nello Yemen, ma per una responsabilità diretta. L'intelligence americana, riporta il Wall Street Journal, ha già informato i colleghi di Riad che i droni e i missili che hanno dimezzato la produzione di petrolio sono stati lanciati dall'Iran.
Il portavoce della Coalizione araba, formata da Riad ed Emirati per combattere nello Yemen, e guidata dal colonnello saudita, Turki al-Malki, ha confermato che si tratta di "armi iraniane" e che "l'attacco non è partito dai territori yemeniti". Ovviamente Teheran smentisce.Riad fa i conti con gli ingenti danni economici e valuta di rinviare ancora una volta la quotazione di Aramco, la società petrolifera che in Borsa doveva valere almeno 100 miliardi di dollari.
Nonostante le rassicurazioni degli Stati Uniti sulla "sufficienza" di greggio per soddisfare la domanda globale, il Wti è volato di 11,6% a 61,24 dollari al barile mentre il Brent è schizzato del 12,17% a 67,55 dollari, il rialzo piu' alto dalla Guerra del Golfo del 1991.
Le caratteristiche dell'attacco
È arrivato da nord ed è stato compiuto utilizzando una decina di missili e una ventina di droni. Queste sono le informazioni pubblicate dal New York Times - confermate da alcune immagini dei satelliti - che avvalorano la tesi del coinvolgimento diretto iraniano e smentiscono la frettolosa rivendicazione di ribelli Houthi che, oggi, hanno ribadito di essere "in grado di colpire di nuovo le raffinerie di Abqaiq e Khurais" e hanno chiesto ai lavoratori di "stare lontano dagli impianti".
L'Iran smentisce e spiega che "non è previsto alcun incontro tra il presidente Hassan Rohani e l'americano Donald Trump", che era atteso - o comunque non escluso - a margine dell'Assemblea generale dell'Onu che si apre questa settimana a New York.
Meno conciliante è stato il capo della Casa Bianca: "Hanno già mentito sul drone abbattuto, vedremo se dicono la verità sull'attacco in Arabia Saudita", ha twittato. Trump si è detto pronto a intervenire in difesa del Golfo "pur non avendo bisogno del loro petrolio" ma il Congresso non ci tiene a impegnare il Paese in un nuovo conflitto. Dall'Onu, l'inviato speciale nello Yemen, Martin Griffiths, fa sapere che non è chiaro chi vi sia dietro l'attacco.
La Russia ancora una volta fa da paciere ed esorta "tutti i Paesi a evitare passi affrettati o conclusioni che potrebbero aggravare la situazione", mentre l'Unione europea sottolinea che tutte le parti dovrebbero mostrare "massima moderazione". Anche la Cina invita gli Stati Uniti e l'Iran a "esercitare moderazione in assenza di un'indagine o di un verdetto conclusivi".