La ricorrente siccità che colpisce il 'Dry Corridor', una zona secca che si estende in America Centrale dal Messico meridionale a Panama, spinge sempre più contadini ad abbandonare le proprie terre e a migrare verso nord, con danni per il tessuto sociale locale e rischi per le loro vite. A lanciare l'allarme è Antonella D'Aprile, direttrice dell'ufficio World Food Programme (Wfp) in Nicaragua, che di fronte a questo crisi, ricorda l'impegno sul campo dell'agenzia Onu, che fornisce aiuti umanitari e, in un'ottica di più lungo periodo, insegna ai piccoli agricoltori come affrontare più efficacemente la siccità.
Cosa è il Dry Corridor?
Dry Corridor è una ampia regione che va dal Messico meridionale fino a Panama, soggetta a siccità ricorrenti ed eventi climatici estremi. Ne vengono colpite 2 milioni di persone, tra Guatemala, Honduras, El Salvador e Nicaragua, e 1,4 milioni di queste hanno urgente bisogno di assistenza alimentare. Le grandi migrazioni verso il nord cui abbiamo assistito negli ultimi mesi sono causate anche da questo. Il cambiamento climatico, che sta colpendo tutto il mondo, in queste zone è particolarmente feroce. E’ una zona normalmente secca, che abbastanza facilmente viene colpita dalla siccità. Ma quando questa si protrae, mette a rischio la sussistenza degli abitanti che sono principalmente agricoltori di sussistenza.
Quali sono gli effetti nefasti della siccità sulle popolazioni che ci vivono?
Stiamo cercando di ridurre l'impatto che la siccità ha sulle famiglie, in modo che non li spinga a scegliere strade negative come l'immigrazione che non solo divide le famiglie, andando a minare il tessuto sociale, ma mette anche in pericolo le loro vite, sia durante il viaggio che una volta arrivati nei Paesi di destinazione. Nel 2018 si è registrato un peggioramento, con il 7% della popolazione che è dovuta emigrare. Le destinazioni variano a seconda dei Paesi: da Salvador, Guatemala e Honduras si muovono verso nord, mentre dal Nicaragua tendono a spostarsi di più verso Costa Rica e lo stesso Honduras.
Quali sono gli obiettivi e le iniziative del World Food Programme?
Ci ripromettiamo di ridurre questo tipo di impatto cercando di rafforzare i sistemi di produzione locale. L’intervento deve essere focalizzato a soddisfare le necessità immediate nel momento della crisi e poi vedere cosa si può fare a lungo termine. Si possono aiutare i piccoli agricoltori a essere meno soggetti alle avversità climatiche e più resilienti, trasmettendo loro conoscenze e know how su come conservare il terreno, aumentare la raccolta dell’acqua. Lavoriamo con governi e altre agenzie, per esempio Fao e Unicef, nonché Ong locali, in sinergia. Uno sforzo regolare e sostenuto che richiede finanziamenti, almeno 50 milioni di dollari per il prossimo anno.
Un esempio concreto del vostro lavoro sul campo?
Il progetto in Nicaragua per la seconda merenda scolastica rivolta a 85 mila bambini che durante i periodi di penuria non vanno a scuola perché non hanno da mangiare o perché i genitori vanno in cerca di lavoro e vengono lasciati a casa a provvedere i fratellini più piccol i A loro vengono dati due snacks molto nutrienti a scuola. Secondo i nostri studi, è visto dalle famiglie come un forte appoggio all’economia. Stiamo cercando, con fondi di vari donatori, in particolare dell’Ue, di stabilire un vincolo tra le scuole e le produzioni degli agricoltori: compriamo da loro derrate come grano e fagioli che poi utilizziamo per realizzare gli snack. In questo modo si dà forte impulso al mercato locale e si genera reddito per le famiglie che hanno così la possibilità e la dignità di fare le loro scelte economiche.