C'è chi la sera dopo aver passato una giornata in corsia lavorando da infermiere per un salario da fame, si 'trasforma' e diventa mariachi: canta cioé le serenate, e si esibisce pure nei bar. Pur di sbarcare il lunario, i venezuelani si stanno inventando qualsiasi cosa.
Altri ad esempio scelgono di diventare pasticceri, si improvvisano produttori di lacca, solo per citare qualche attività per così dire lecita. La verità è che hanno fame. La situazione economica della Svizzera del Sud America è ormai al collasso, e con l'inflazione che galoppa a ritmi esorbitanti del 1.579,2% annuo, i suoi abitanti sono sempre più poveri.
Con l'ultima svalutazione della Banca centrale annunciata giovedì scorso, il salario minimo è sceso a 2 dollari al mese, e non basta ad acquistare mezzo chilo di formaggio.
Un anno fa, il salario minimo era di 30 dollari. Un dollaro Usa vale ora 20 mila bolivar, la valuta nazionale, e il salario minimo è infatti di 40 mila bolivar, ma nel mercato parallelo, la valuta venezuelana è ancora più svalutata, essendo un dollaro quotato 26 mila bolivar.
E così si stringe la cinghia, al punto che secondo alcuni dati forniti dal deputato Alfonso Marquina, i consumi di manzo e latte si sono contratti dell'80%, quelli di uova e galline del 70%.
Cosa fare con 2 dollari al mese? Si compra solo 1 kg di patate o pomodori, 5 tazzine di caffè e mezzo hamburger. Nemmeno una pizza intera, si può mangiarne solo tre quarti. Secondo le Ong locali, l'80% della popolazione mangia meno rispetto a 5 anni fa e circa 100 mila persone consumano un solo pasto al giorno.
Per comprare farina e lenticchie, inevitabile, molte donne si riducono allora a diventare escort e accompagnatrici. E tutti si riducono a fare i mestieri più disparati, pur di guadagnare qualche spicciolo. Anche, appunto, a fare i mariachi: fare una serenata fa raddoppiare lo stipendio mensile, che arriva in questo modo a 10 dollari.
I venezuelani più fortunati riescono ad espatriare: dal 2016, hanno fatto le valigie 3,3 milioni di venezuelani. E' rimasto invece Camilo Torres, che vende torte e gelati in casa: tre anni fa, pesava 120 chili, ora 65. "Sono magro perché ho fame", confessa. I suoi quattro figli hanno le scarpe rotte. Anche lui lavora in ospedale, solo che la sua divisa è sporca, perché non c'è il detersivo necessario a lavarla.
In un Paese dove il 48% della popolazione è sotto la soglia di povertà (ma secondo l'Onu è l'87%), il sapone rappresenta un lusso. E per cucinare, spaccano la legna nei boschi. La verità è che nemmeno i cosiddetti 'ricchi' se la passano bene, perché spesso i soldi non servono in quanto i beni di prima necessità non riesci comunque a comprarli, per il semplice fatto che non ci sono.
Ad esempio le medicine: manca di tutto, perfino dell'occorrente per fare le analisi del sangue. Ce l'ha fatta ad andarsene, invece, Yelitza Paredes, madre di cinque figli, insegnante di biologia, che è riuscita ad arrivare a Rio de Janeiro. A Caracas, con la sua famiglia, si mangiava solo manioca (un tubero, ricco di carboidrati, alla base di molte ricette della cucina sudamericana), e solo una volta al giorno. Ora, a Rio, la sua aspettativa è di trovare un buon lavoro per continuare ad aiutare la sua famiglia nel suo Paese.
I dati parlano chiaro: dal novembre 2018 al giugno 2019, il periodo pù recente per il quale sono disponibili, le richieste ufficiali di status di rifugiato da parte di donne e anziani venezuelani hanno superato quelle degli uomini. I rifugi e gli enti di beneficenza colombiani mettono in guardia contro l'aumento esponenziale di donne incinte, bambini e anziani che entrano nel Paese attraverso strade pericolose e canali illegali.
Con oltre 4 milioni di sfollati, la crisi dei rifugiati venezuelani è diventata la seconda più grande del mondo dopo la Siria, ma ha ricevuto solo una frazione degli aiuti che sono andati invece al Paese mediorientale. La situazione sta diventando insostenibile a Maicao, una delle città più povere della Colombia e centro di contrabbando per la sua posizione di confine.
Secondo le autorità locali, l'immigrazione venezuelana ha fatto salire alle stelle il numero di abitanti a 280.000, il 58% in più di tre anni fa. I medici dell'ospedale San José dicono di aver curato più di 7.100 venezuelani tra gennaio e giugno, tra cui più di 2.000 donne incinte e quasi 1.000 bambini sotto i 5 anni.
I marciapiedi sono coperti da venezuelani bisognosi che dormono sul cartone. Tra loro c'è Katherine Muñoz, 20 anni, incinta e con un bambino di 18 mesi. Sua figlia Josiani è nuda, perché, secondo la madre, qualcuno ha rubato i vestiti che lei metteva ad asciugare. "Vivere per strada è difficile", dice "Ma è meglio del Venezuela". Il problema è che non si intravede un'inversione di tendenza e nel Paese la situazione resta molto complessa: le pressioni dovute ai dazi Usa, le misure economiche che hanno aggravato la crisi economica, hanno portato alla sospensiva dei dialoghi tra governo Maduro e opposizioni. E mentre si tratta, o si cerca di farlo, la gente muore letteralmente di fame.