Alla fine, il grande mistero sulla fine del generale delle Ss Hans Kammler sembra essere arrivato ad una svolta definitiva. Dopo anni di speculazioni e di controverse ricerche storiche intorno ad una delle personalità più enigmatiche dell’ultimo scorcio dell’orrore nazional-socialista, la verità sul destino di colui che fu l’ultimo detentore degli ultimi segreti del Terzo Reich è a portata di mano: nuove prove indicano che l’eminenza grigia di Adolf Hitler, il generale delle Ss dato come suicida con tanto di sentenza di tribunale, l’uomo il cui “impero-ombra” era quello dei sotterranei dei lager nazisti, nel maggio del 1945 finì nelle mani degli americani. I quali, questa la tesi, erano fermamente intenzionati a mettere per primi le mani sulle ricerche belliche e nucleari che i nazisti avrebbero condotto nei sotterranei di diversi campi di concentramento, a cominciare da quello di Gusen, in Alta Austria, guarda caso quartier generale finale dello stesso Kammler.
Hans Kammler (WIKIPEDIA COMMONS)
Decine di storici nei decenni si erano chiesti che fine avesse fatto il “tecnocrate dell’annientamento”, considerato da Joseph Goebbels l’ultima “grande speranza” del regime (ossia il capovolgimento dei destini di guerra di una Germania ormai sull’orlo del collasso). C’è chi ha fatto ricerche sul campo cercando il corpo, si sono seguite tutte le piste - dalla morte per suicidio con il cianuro all’ipotesi che si fosse fatto sparare dal suo autista - sono stati prodotti documentari e sono stati delineati gli scenari più fantasiosi. Ora la risposta c’è. Lo avevano preso gli Alleati. Probabilmente gli agenti dei servizi segreti Usa.
A dimostrare che il generale non si è tolto la vita il 9 aprile 1945 (vi sono almeno sei versioni diverse sulla sua morte) alcuni documenti finora inediti, ai quali l’Agi ha avuto accesso, scoperti rispettivamente da un regista austriaco che da anni sta lavorando sul “mistero Kammler”, Andreas Sulzer, e dal responsabile dei Musei dei lager di Treblinka e Stutthof, l’ingegnere polacco Marek Michalski: non solo l’‘Obergruppenfuehrer’ delle Ss che aveva progettato nientemeno che le camere a gas di Auschwitz, il plenipotenziario di tutti i progetti sulle armi segrete del Reich (compresi i famigerati missili V-2), il responsabile della strage di Warstein (208 lavoratori-schiavi fatti uccidere per un capriccio) sopravvisse alla guerra, ma era pronto ad essere sottoposto ad interrogatorio da parte degli americani in almeno due occasioni.
(Per gentile concessione di Andreas Sulzer)
Il primo documento è datato 30 maggio 1945. Firmatario il colonnello Loyd K. Pepple, attivo presso il quartiere generale dell’Us Air Force, che sottopone alle autorità di Washington ben tre elenchi: innanzitutto, il “bottino di guerra” rappresentato dai mezzi aereonautici tedeschi, tra cui missili, caccia, elicotteri, strumenti radar e similari, poi i nomi degli scienziati, ingegneri e tecnici che avevano contribuito in modo sostanziale allo sviluppo dell’industria aeronautica e missilistica del Reich. Infine la lista più interessante: i più alti ufficiali tedeschi responsabili delle forze aeree e missilistiche tedesche.
Come si afferma nel documento, trattasi di “una lista di personalità-chiave attualmente in stato di fermo per interrogatorio”. Trentaquattro nomi, in cima alla quale figura nientemeno che Hermann Goering, e tra i quali compaiono anche il Feldmaresciallo Erhard Milch e l’architetto di Hitler nonché ministro agli Armamenti Albert Speer. Al diciottesimo posto, ecco Hans Kammler. Che, in teoria, doveva essere già morto da quasi due mesi.
(Per gentile concessione di Andreas Sulzer)
Poi c’è la lettera che il generale di brigata George McDonald invia al maggiore Ernst Englander in data 2 novembre 1945. E qui la cosa si fa ancora più scottante. Tanto per cominciare, l’alto ufficiale informa di essere stato incaricato dai vertici militari di Washington di fornire “dettagliate informazioni” circa le “installazioni sotterranee” delle Ss (in particolare Gusen), aggiungendo però subito che per dare completezza al rapporto si invita a procedere a mettere in campo “le necessarie disposizioni per interrogare di persona Speer e Kammler”.
In una precedente missiva di McDonald del 29 agosto 1945 ci sono due passaggi che inducono a pensare gli Usa avessero ben presente il tema dell’“atomica nazista” collegato in particolare ai campi di Gusen, St. Georgen ed Ebensee, che appunto stavano sotto il diretto controllo di Kammler. Infatti, dopo aver spiegato caratteristiche e dimensioni delle “strutture sotterranee” in oggetto, specificando che la loro “esistenza è una risorsa militare”, il generale fa un’annotazione importante: “Si raccomanda che questo documento sia inoltrato ai quartieri generali dell’Air Force con l’idea di selezionare gli obiettivi del genere prima menzionato destinati ad esperimenti segreti con bombe atomiche portate da missili”.
(Per gentile concessione di Andreas Sulzer)
Bombe atomiche? Ora, è anni che il regista Sulzer e altri fanno ricerca sull’ipotesi che in particolare nei tunnel del lager austriaco di Gusen – chiamato “l’inferno degli inferni”, in teoria un sottocampo di Mauthausen, in realtà molto più esteso – i nazisti, sotto il comando di Hans Kammler, oltre a produrre i caccia a reazione Messerschmitt, stessero realizzando ricerche segrete di natura nucleare. Qui, in un infinito reticolato di gallerie scavate dagli stessi deportati, nel 2012 fu misurato un livello di radioattività “26 volte superiore alla norma”.
Come qualche anno fa riferì lo storico locale Rudolf Haunschmied, “dai documenti sappiamo che più si avvicina la fine della guerra, più Gusen diventa cruciale. Hitler stesso esigeva di venire costantemente informato su questo campo”. Nei suoi diari, è il ministro della Propaganda Goebbels a scrivere, il 31 marzo 1945, che “se i generali della Luftwaffe si volgono contro le istruzioni di Kammler, il Fuehrer intende procedere con sentenze dei tribunali di guerra e con fucilazioni”.
In pratica, il generale è considerato – a pochi giorni dalla catastrofe finale – una figura cruciale per la sopravvivenza del Reich. Perché? E perché, si chiedono gli storici, se Kammler è finito prigioniero degli americani non è mai comparso alla sbarra del processo di Norimberga, al contrario di Speer e di Goering? Forse il suo segreto doveva rimanere tale?
(Per gentile concessione di Andreas Sulzer)
Intanto però, i “nuovi” documenti emersi, “non lasciano più alcun dubbio riguardo al fatto che Kammler era in mano americana”, scrivono lo storico tedesco Rainer Karlsch ed il giornalista Frank Doebert in un articolo appena pubblicato dal Woodrow Wilson Center di Washington. Il primo a riferire che il “generale del diavolo” era stato preso in consegna dagli americani era stato qualche anno fa John Richardson, figlio di Donald Richardson, agente dell’Oss (Office of Strategic Services, antesignano della Cia) nonché agente speciale del Cic (Counter Intelligence Corps): era stato lui a portare il generale delle Ss negli Stati Uniti, ha raccontato l’agente ai suoi figli poco prima di morire. Un’affermazione indirettamente sostenuta da un documento del Cic targato “Nnd 785009”, declassificato nel 1978, nel quale si afferma che “Kammler apparve agli uomini del Cic a Gmunden e fece una dichiarazione dettagliata sulle operazioni della Baustelle Ebensee”, ossia proprio il sistema di gallerie sotterranee compreso dai campi di Mauthausen, Ebensee e Gusen.
(Per gentile concessione di Andreas Sulzer)
Quella che ruota intorno a Kammler e ai tunnel di Gusen è una delle vicende più controverse del Terzo Reich, legata agli ultimi mesi di una Germania nazista ormai sull’orlo del collasso, con il mondo che sta scoprendo l’orrore infinito dei campi di concentramento e i servizi segreti alleati che sguinzagliano i loro migliori agenti alla scoperta di quelli che erano gli ultimi segreti dell’immensa macchina di morte hitleriana. Un mistero condito di un’infinità di indizi, che però girano tutti intorno ad una sola domanda: cos’è che rendeva Kammler così prezioso agli occhi di Washington? Davvero la sua chiave per l’America era l’atomica di Hitler?
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