All’anagrafe finlandese esce come Simo Häyhä, ma per tutti è “La morte bianca”: il cecchino più efficace della storia. Durante la Guerra d’Inverno del ‘39/’40 uccise ufficialmente, in circa tre mesi, 505 soldati russi. La statistica proviene dagli archivi dell’esercito finlandese dato che all’epoca i cecchini usavano spesso a fine giornata fare un po' di conti su quanti nemici avevano abbattuto; ma pare che i calcoli non ufficiali gli arrivino ad attribuire almeno 800 vittime.
Un mirino talmente letale da indurre l’Armata Rossa ad utilizzare l’artiglieria pesante per stanarlo, compresi i raid aerei, ma non ci fu nulla da fare. L’unica cosa che riuscirà a scalfirlo sarà un proiettile che lo colpì alla mandibola sinistra il 6 marzo del 1940, lasciandolo privo di coscienza fino al 13 dello stesso mese; da lì una lunga carriera militare che lo porterà, ancora oggi, ad essere considerato in patria un vero e proprio eroe.
Häyhä naturalmente aveva i suoi trucchetti, anzi, si può dire che è stato un vero e proprio pioniere nell’ambito del tiro al bersaglio in guerra. Lui poco prima di morire, nel 2002, all’età di 96 anni, a domanda diretta sul segreto che lo portava ad essere così pericoloso rispose semplicemente: “Pratica”.
In realtà il primo trucco di Häyhä è che sparava sempre dal terreno, cosa insolita ai tempi per un tiratore scelto che solitamente preferisce le zone che permettono una visuale più alta. Poi badava sempre a viaggiare leggero: fucile (un Pystykorva M28), mitra, razione di cibo e caricatori, niente di più, in modo tale da poter scappare con agilità nel caso venisse trovato.
Simo Häyhä (Foto Wikipedia/Commons)
Ma soprattutto, Simo Häyhä sparava senza mirino telescopico, dato che secondo lui, e aveva evidentemente ragione, lo specchio del mirino, riflettendo la luce del sole, lo avrebbe reso facilmente rintracciabile, anche se questo, come scrive El Mundo, moltiplicava la difficoltà del tiro. Non solo, mentre era in posizione usava spesso mettere della neve in bocca in modo tale che il nemico non potesse scorgere la condensa del suo respiro.
La storia di Häyhä diventa oggi un libro intitolato proprio “Morte bianca”, a firmarlo Tapio Saarelainen che riporta così il resoconto di numerose conversazioni con il cecchino finlandese ripercorrendo con lui tutte le fasi di quella guerra che lo ha visto protagonista sul campo. Saarelainen, che oltre ad essere scrittore ha servito anch’egli il suo paese come cecchino, racconta una storia abbastanza precisa sull’eroe finlandese: “Simo Häyhä non aveva informazioni. Era un cacciatore e uno sparatutto d'élite, non un matematico. Ogni percorso, ogni movimento, ogni attesa diventa uno studio approfondito del terreno, di ogni tronco, di ogni deposito di neve e di ogni animale della foresta. Il nemico si nasconde ma cambia sempre qualcosa. Ci sono passi, uccelli che smettono di cantare, un pezzo di corteccia che cade alle nove ... Memorizza tutto, Simo Häyhä. Non appena il nemico mostra la sua faccia, indica e non fallisce. Non lo vedono ancora. Carica l'arma. L'eco diffonde il suono e confonde. Un altro colpo, un altro morto”.
Il suo successo militare è travolgente, scrive Saarelainen: 4.8 downcast ogni giorno. “I cecchini nemici lo cercano, ma nulla si muove. Non ci sono riflessi, nessun movimento, nessun fumo. Niente. Un altro colpo, un altro morto. Häyhä era un ufficiale della morte freddo come l'ambiente in cui poteva mimetizzarsi ore e coperto con un camice bianco. Impara a cacciare grazie a suo padre, che gli insegna che l'obiettivo è importante quanto il momento in cui si preme il grilletto. Una buona tecnica garantisce una deviazione minima, ma una cattiva pratica ti condanna. Il proiettile che non è giusto rivela la tua posizione e dà una possibilità al nemico. Nel suo caso, il nemico erano le truppe di Stalin, superiori ai finlandesi in un rapporto di 10 a 1”.