Fu una delle pietre miliari sulla strada che portò alla fine della guerra fredda: firmato l'8 dicembre 1987 da Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov, il Trattato Inf (Trattato sulle forze nucleari intermedie) portò alla distruzione di ben 2692 missili, 846 americani e 1.846 russi. D'improvviso, quell'inverno di 32 anni fa, sembrò che il mondo potesse lasciarsi alle spalle la grande paura nucleare.
Ma ora il trattato-simbolo del disgelo è giunto definitivamente al suo pensionamento: alla fine dell'anno scorso il presidente americano Donald Trump aveva annunciato l'intenzione degli Usa di uscire dal Trattato, dando alla Russia 60 giorni affinché rispettasse "gli impegni" precedentemente presi, poi scaduti anche quelli, il 2 febbraio.
Da allora c'erano sei mesi esatti entro i quali il Trattato poteva essere salvato: niente da fare, tutti gli sforzi politico-diplomatici, le minacce e le reciproche accuse sono cadute nel vuoto, un accordo non si è potuto trovare, né si è trovato un compromesso per ravvivare l'accordo sotto nuove forme e domani l'uscita degli Usa diventa definitiva.
Anzi, Putin ha seguito l'esempio di Trump, sospendendo a sua volta l'applicazione dell'intesa. Al centro della controversia vi sono i missili da crociera russi 9M729, che da detta di Washington sono vietati. Mosca si è sempre rifiutata di disfarsene, accusando di contro gli Usa di mettere in pericolo l'intera "architettura" del controllo degli armamenti strategici con le loro giravolte. I colloqui condotti a Ginevra sul Trattato si sono tutti risolti in un nulla di fatto. Il vero problema, dicono gli esperti, è che rispetto all'accordo del 1987 il mondo ed i suoi contrappesi strategici sono cambiati radicalmente.
L'intesa sottoscritta da Usa e Urss non prevedeva solo la riduzione delle armi nucleari, ma la loro completa eliminazione, e in pratica mise fine alla cosiddetta crisi degli euromissili, ovvero i vettori a raggio intermedio (da 500 a 5.000 chilometri) dotati di testata nucleare dispiegati da Usa e dall'Urss in Europa. I missili schierati erano gli SS20 sovietici cui gli Stati Uniti avevano risposto nel 1979 con i Pershing 2 e i Cruise, installati, tra l'altro, anche nella base di Comiso.
Oggi, invece, il vero limite dell'accordo consisterebbe nel fatto che esso esclude la Cina e il suo arsenale nucleare. L'ipotesi di allargare l'Inf ad altri Paesi è in discussione da oltre dieci anni, ma Pechino - pur mantenendo un profilo basso - finora ha sempre ignorato qualsiasi approccio, dato che sarebbe chiamata ad eliminare circa il 95% dei suoi missili balistici e da crociera e può liberamente continuare a sviluppare vettori a raggio medio.
In generale, per gli Usa il punto è come arginare, oltre Pechino, anche altri Paesi potenzialmente pericolosi, primi fra tutti Corea del Nord e Iran. C'è da dire che gli Stati Uniti stanno pure valutando "l'opzione spaziale", ossia di dispiegare armi nello spazio, compresi laser e satelliti, per intercettare missili nemici: una specie di nuova edizione dello "scudo stellare" di Reagan.
L'idea non è solo di disinnescare le potenziali minacce di Pyongyang o di Teheran, ma anche i sistemi di ultima generazione sviluppati in Russia e in Cina. D'altra parte, è dall'Europa che erano giunti i più sentiti appelli a favore di un mantenimento del Trattato Inf. La Germania, con il ministro degli Esteri Heiko Maas, ha più volte ribadito che l'Inf "tocca i nostri interessi sulla sicurezza in modo elementare", pur ammettendo che il vecchio Trattato, così com'era, "non è più sufficiente", nel senso che sarebbe opportuno includere, appunto, "la Cina e altri Paesi", ipotizzando anche "un regolamento internazionale degli armamenti di nuovo tipo", ivi compresi sistemi di armamenti automatizzati nonché le cosiddette "cyber-armi".
Alle proposte di Berlino, Mosca e Washington hanno reagito facendo spallucce: la tentazione, osservano alcuni analisti, è quella di godere di una "nuova libertà nucleare". Difficile, a questo punto, immaginare che si riesca a mettere in piedi una nuova intesa al posto di quella firmata 31 anni fa da Reagan e Gorbaciov. Quel che ne potrebbe seguire, si teme, è una nuova stagione di riarmo. Nucleare.