"Il presidente non è stato scagionato": è la frase chiave pronunciata dall'ex procuratore speciale Robert Mueller, ascoltato per tre ore e mezzo dalla commissione Giustizia della Camera (a maggioranza democratica) nell'attesa audizione sul Russiagate, l'inchiesta sulle interferenze russe nella presidenziali 2016 e i presunti tentativi di Trump di bloccare l'indagine.
Su questo intervento i democratici avevano puntato molto, decisi a mantenere alta l'attenzione su Trump, ricordando, come hanno fatto, che "neanche il presidente può sentirsi al di sopra della legge". Anche "i ricchi e i potenti dovrebbero essere ritenuti responsabili per i crimini come chiunque altro. Compreso il presidente. Ha infranto la legge. Deve essere messo sotto accusa", ha twittato la giovane deputata Dem Alexandria Ocasio-Cortez, prima della seconda audizione di Mueller, questa volta alla commissione Intelligence. Qui Mueller ha sottolineato che la sua indagine "non è una caccia alle streghe", in riferimento a uno dei ritornelli preferiti dal presidente.
Al tempo stesso, i democratici puntavano a offrire alla vasta platea televisiva e social, grazie alla diretta tv, i risultati di un'inchiesta raccolta in 448 pagine che solo in pochi hanno letto. Sugli schermi dell'aula sono stati trasmessi brani del rapporto Mueller, come didascalia agli interventi dell'ex procuratore. Ma ci sono state anche affermazioni dal vivo di un certo peso.
"Grande e sistematica interferenza di Mosca"
Donald Trump, nonostante per mesi abbia sostenuto di essere stato "totalmente prosciolto", in realtà, secondo l'autore dell'inchiesta, "non è stato scagionato". Non solo, una volta lasciata la Casa Bianca, ha spiegato Mueller, Trump "può essere incriminato per ostruzione alla giustizia". Farlo ora, mentre è in carica, sarebbe stato anti costituzionale. L'ex procuratore ha spiegato, inoltre, che il presidente "si è rifiutato di testimoniare", nonostante il team investigativo avesse spiegato ai legali di Trump che il suo intervento sarebbe stato "vitale" per l'inchiesta.
Su un punto Mueller non ha avuto dubbi: "C'è stata una grande e sistematica interferenza del governo russo nelle nostre elezioni". Per il resto, l'ex procuratore ha ribattuto colpo su colpo, rispondendo a tutte le domande, a volte in modo deciso, altre in modo riluttante. Spesso è parso in difficoltà, lui cosi' schivo e allergico alle grandi platee, per giunta nell'insolita veste di interrogato. Per oltre ottanta volte, Mueller ha rimandato al testo scritto del rapporto. L'obiettivo, secondo quanto avrebbe accertato la Cnn, era evitare di allontanarsi dal testo e cadere in contraddizioni, per non offrire la possibilità di chiederne l'impeachment.
Le accuse dei repubblicani
La differenza di strategia di repubblicani e democratici è stata subito evidente: i democratici hanno puntato a valorizzare l'autorevolezza di Mueller, ricordandone il passato di servitore dello stato e Marine, i repubblicani hanno provato a metterne in dubbio l'imparzialitò, contestandogli il fatto che, prima di prendere l'incarico di procuratore speciale, avesse chiesto a Trump di diventare, senza riuscirci, direttore della Fbi. Il tentativo era mostrare che Mueller si era intestardito su Trump mosso più da spirito di risentimento che da verità di giustizia.
L'ex procuratore è rimasto sempre calmo. Ma, per la prima volta, ha smentito qualsiasi incontro con il presidente per discutere di incarichi. Spettatore interessato, Trump su Twitter ha avvertito Mueller che, smentendo l'incontro con lui per la direzione della Fbi, sarebbe stato un atto grave di oltraggio al Congresso, poi ha ribadito il "No obstruction" e finito con il liquidare la deposizione come un autogol dei Democratici. Citando la frase riportata da Fox News, Trump ha commentato: "La deposizione è stata un disastro per i democratici e per la reputazione di Robert Mueller".