La Turchia sfida gli Usa. Con alcuni mesi di anticipo rispetto al termine originario del 2020, ha ricevuto le prime parti del sistema di difesa russo S-400, che la Nato non vuole sia usato da un membro dell'Alleanza Atlantica. Gli Usa, contrari al fatto che Ankara disponga insieme del sistema di difesa missilistico e dei caccia F-35, hanno minacciato sanzioni. Ma la Turchia, che come l'Iran ha mire egemoniche sull'area, va avanti. La Nato si è detta "preoccupata".
La Turchia, che non dimentica il passato dell'impero ottomano, persegue una politica di difesa sempre più indipendente e ha anche già inviato i suoi militari in Russia per l'addestramento. Il primo lotto è già arrivato: tre aerei sono atterrati nella base militare di Ankara, un altro carico, consistente in 120 missili da contraerea, dovrebbe arrivare via mare alla fine dell'estate.
La trattativa è partita sotto traccia a fine 2016 ed è giunta ad un accordo da 2,5 miliardi di dollari firmato dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan e dal collega russo Vladimir Putin nell'aprile del 2017. È il primo acquisto di armi da parte di un Paese Nato da un Paese al di fuori dell'Alleanza, la Russia. Nell'accordo è previsto anche un programma di sviluppo e produzione di pezzi di S-400 da parte della Turchia con il know-how russo.
Cosa c'entra il progetto F-35
Ma la Turchia ha firmato anche l'acquisto di 100 aerei statunitensi F-35 e ha investito molto nel programma: aziende turche producono 937 parti dell'aereo. Washington ha invocato l'incompatibilità con i sistemi in uso nella Nato e soprattutto il rischio che i jet da caccia F-35 divengano in qualche modo tracciabili e quindi vulnerabili, da parte della Russia. E nelle scorse settimane aveva minacciato a più riprese di escludere la Turchia dal progetto F-35.
Erdogan ribadisce che il legame con la Nato è intatto e ripete il mantra della minaccia terroristica, di matrice sia curda che islamista, sostenendo anche di non potersi fidare di un vicino come il presidente siriano Bashar el-Assad, scaricato agli albori della rivolta siriana.
Tra Erdogan e Putin è tornato il sereno
Nell'accordo è specificato che il controllo delle batterie in mano alla Turchia sarà totalmente in mano agli uomini di Ankara. Circostanza però che non ha rasserenato la Nato, che - con la Siria sempre più sotto il controllo russo - ha opposto alla scelta di Ankara motivazioni legate alla compatibilità di S-400 con i sistemi in uso all''Alleanza, senza tuttavia specificare che tipo di problematiche potrebbero verificarsi: "L'interoperabilità delle nostre forze armate è essenziale per la conduzione delle nostre operazioni e missioni", ha ripetuto una fonte anche oggi. Ma Erdogan non cede: l'accordo, mai messo in discussione, sarà saldato in rubli (il 45% subito da Ankara, Mosca a coprire momentaneamente il restante 55% grazie all'intervento del ministero delle Finanze e banche russe).
L'intesa tra Ankara e Mosca ha segnato anche la fine della crisi tra i due Paesi, scoppiata nel novembre 2015 quando un aereo da guerra da russo venne abbatuto gli F16 turchi. Con il progressivo riavvicinamento tra le parti e l'inizio di una collaborazione sul campo in Siria, l'acquisto di S-400 e i programmi di sviluppo di parti dell'apparato da parte dei due Paesi, hanno segnato il culmine di un'alleanza, quella, tra Putin ed Erdogan, a cui Nato guarda con grande apprensione.