Nella notte del 5 luglio 30 militari britannici del 42° commando dei Royal Marines hanno assaltato una petroliera iraniana nelle acque internazionali a largo di Gibilterra. Un’azione spettacolare per fermare la Grace 1 che, secondo il capo del governo del territorio d’oltremare britannico, Fabian Picardo, stava trasportando greggio alla raffineria di Nanyas in Siria, violando le sanzioni dell’Unione europea.
L'assalto alla petroliera
“Per i marine si è trattato di un’operazione di routine, di certo non un’azione difficile”, spiega ad AGI Gianandrea Gaiani, direttore di Analisidifesa.it. Un’intera unità della fanteria di marina del Naval Service è stata impegnata nell’operazione, avvenuta sia via aria che via mare. Secondo le ricostruzioni, alcuni militari hanno prima affiancato la nave a bordo di motoscafi, supportati da una motovedetta della marina britannica. Altri si sono poi calati sul ponte della nave da un elicottero - l’Helicopter Force della Royal Marines dispone per queste operazioni di elicotteri Eh101 Merlin e Ah1 Wildcat AugustaWestland. Un elisbarco ‘fast drop’, spiega Gaiani, in armamento leggero, con fucili d’assalto, visori notturni, lanciagranate e cariche esplosive.
I marine hanno preso possesso della nave in pochi minuti bloccando i 27 dell’equipaggio a bordo. “Quello che è certo è che l’operazione è arrivata dopo un accurato lavoro di intelligence, dove si sarà studiata la struttura della nave, quanti uomini c’erano a bordo, come prenderne possesso in maniera efficace. Di sicuro avevano un quadro perfetto della nave”, prosegue Gaiani.
Le conseguenze geopolitiche: "A rischio il diritto di libera navigazione"
Ma se dal punto di vista militare l’operazione è stata semplice e veloce, il quadro si complica se si valuta l’aspetto strategico-politico: “All’Iran viene imputato di portare petrolio alla Siria. Eppure siriani, iraniani e inglesi hanno combattuto insieme contro l’Isis. Ma soprattutto la nave era in acque internazionali. Fermarla lì, per aver violato le sanzioni europee, e senza che trasportasse armamenti ma solo petrolio è piuttosto singolare. Non si possono imporre in acque internazionali le proprie sanzioni”, spiega Gianni. Un aspetto ‘preoccupante’ perché “potrebbe mettere in pericolo il diritto stesso della navigazione, che paradossalmente la Gran Bretagna usa per legittimare la sua presenza a Gibilterra in risposta alle pretese spagnole.
Ed è la stessa ragione usata per giustificare la presenza di navi britanniche nello stretto di Hormuz tra la Penisola arabica e le coste dell’Iran e nel Mar Cinese Meridionale, dove sono presenti le isole contese”. “Londra”, prosegue Gaiani, “con questa operazione si allinea perfettamente agli Stati Uniti di Donald Trump”, che da settimane intima all’Iran di non riprendere il programma di arricchimento dell’uranio.
Iran che in mattinata, tramite Ali Akbar Velayati, consigliere della Guida suprema, Ali Khamenei, ha fatto sapere di essere pronta a riprendere l’arricchimento dell’uranio “già da domani”. Quello che è successo a largo di Gibilterra rischia così di gettare ulteriore benzina sul fuoco delle tensioni nell’area.