Libia nel caos. E ora anche fuori controllo. La rivalità tra il generale Haftar e il premier Serraj stringe il Paese in una morsa. E le dichiarazioni del ministro interno libico sulla volontà di liberare tra i 6 e gli 8 mila migranti rischia di destabilizzare non solo la Libia ma anche la vicina Europa, con l’Italia in prima fila. Mentre al largo delle coste libiche si alternano salvataggi di profughi e naufragi di barconi con parecchie vittime.
Oltre all’ordine di chiudere i centri di detenzione e i liberare i prigionieri, scrive Lorenzo Cremonesi sul Corriere della Sera, “sarebbe anche in arrivo l’ordine alle motovedette guardiacoste (incluse le tre donate dall’Italia) di non intervenire più per bloccare in mare i navigli degli scafisti con i migranti per riportarli sulle coste libiche. A tutti gli effetti una generale luce verde alle partenze” .
“Il governo di Tripoli – aggiunge Cremonesi – non nasconde la propria impotenza e rabbia per l’inattività della comunità internazionale nei confronti dell’aggressione di Haftar. I toni cauti e l’atteggiamento di equidistanza rispetto al conflitto in Libia emerso anche nel dibattito al Consiglio di Sicurezza dell’Onu durante l e ultime ore non fanno che aumentare la frustrazione”. Ma qui, aggiunge l’inviato e analista di fatti mediorientali di via Solferino, si guarda tra l’altro con apprensione alla scelta americana di non votare la risoluzione Onu di condanna al raid su Tajura, confermando così le simpatie pro-Haftar di Donald Trump. Tutto ciò mentre sono ripresi i raid degli aerei di Haftar”.
Il Messaggero di Roma, nella sua edizione cartacea, apre il la prima pagina con questo titolo: “Sanzioni e Libia, patto con Putin” per affidare l’analisi della situazione del paese nordafricano ad Alessandro Orsini che così scrive a proposito della decisione di Sarraj di voler liberare i prigionieri: “È il suo modo di protestare contro l’inazione della comunità internazionale che assiste inerte all’assedio di Tripoli. Nessuno riesce a fermare i bombardamenti del generale Haftar, sostenuto da una serie di potenze importanti tra cui la Russia. Fu Putin a dire, a suo tempo, che nessuno avrebbe potuto decidere il futuro della Libia senza Haftar. Sono le stesse parole che Conte ha sempre ripetuto, specificando però che non c’è futuro nella guerra”. Perciò, “Putin – conclude Orsini – sta chiedendo una mediazione all’Italia, la quale ha una mediazione da chiedere in Libia”.
E se il sito de La Stampa dà rilievo alle parole di Putin in visita a Roma, secondo cui “L’intervento della Nato in Libia ha distrutto il Paese”, Il Giornale parla di “Ricatto della Libia” il cui esito è che “Arrivano 8mila galeotti” se Tripoli svuota i centri di detenzione quale reazione alle bombe. Ma sull’edizione cartacea del quotidiano torinese si può leggere una corrispondenza da New York che racconta la telefonata del Presidente egiziano Al Sisi che spiazza la diplomazia Usa e il cui risultato è che “Trump cambia linea su Haftar, scavalca i suoi e blocca il voto dell’Onu”.
Secondo la ricostruzione, “il leader egiziano Al Sisi aveva esaltato Haftar come eroe della lotta al terrorismo, in particolare contro i Fratelli Musulmani. Il capo della Casa Bianca allora aveva deciso di chiamarlo. Così aveva scavalcato tutti i suoi collaboratori, incluso il segretario di Stato Pompeo, cambiando la linea e appoggiando il generale. Ma Pompeo e il resto dell’establishment, che conoscono bene Haftar da quando era negli Usa, non pensano che lui possa essere la soluzione. Non amano neppure Sarraj, ma credono che comunque l'unica via percorribile sia il processo politico gestito dall'Onu, al netto delle operazioni specifiche di anti terrorismo che hanno sempre fatto, e continueranno sempre a fare. Così ora si è creata questa dicotomia”.
Secondo l’analisi del quotidiano sabaudo, tutto ciò dimostra anche “l’esistenza di una nuova dinamica, che paralizza le iniziative per fermare la guerra in Libia e tornare al processo politico, e si somma alle spinte finalizzate alla sostituzione dell’inviato speciale del Palazzo di Vetro Ghassan Salamé, che dopo due anni di mandato sembra ormai arrivato alla fine della sua esperienza”. Al Sisi, infatti, “non parla con Salamè perché lo considera un alleato dei Fratelli Musulmani. Lui risponde che è costretto a sostenere Sarraj, perché è l'inviato dell'Onu e quindi deve appoggiare il governo legittimamente riconosciuto dall'Onu. La paralisi così diventa sempre più evidente e la guerra continua”.
Chiosa Il Foglio in un commento dal titolo “Sovranisti, fermate Haftar”: “In Libia serve una posizione chiara. Haftar e i suoi sponsor vanno dissuasi con la massima pressione possibile dall’idea di questa guerra a oltranza, per evitare di assistere all’implosione di un paese a un’ora di volo da Roma. Congelare l’offensiva del generale sarebbe anche nell’interesse di Salvini, cultore a parole della difesa degli interessi nazionali. Ma il tempo è sempre meno: in questa fase, le dichiarazioni vaghe a proposito della Libia non bastano più”.