Articolo aggiornato alle ore 20,30 del 4 luglio 2019.*
Il governo di Accordo Nazionale libico di Fayez al-Serraj "sta valutando la chiusura di tutti i centri di detenzione dei migranti e del rilascio di tutti i detenuti in Libia, con l'obiettivo di garantire la loro sicurezza". Lo scrive The Libya Observer citando il ministro dell'Interno, Fathi Bashagha. Il bombardamento sul centro di detenzione di Tagiura, avvenuto nei pressi di Tripoli nella notte tra martedì e mercoledì, ha provocato la morte di almeno 53 persone, tra le quali 6 bambini, a cui si aggiungono 130 feriti, secondo il rapporto pubblicato in mattinata dalle Nazioni Unite.
Il ministro dell'Interno della Libia, Fathi Bashagha, ha dichiarato che il governo di Accordo Nazionale ha il compito di proteggere i civili, ma che colpire i centri di detenzione in cui sono rinchiusi i migranti va oltre ogni capacità di offrire protezione.
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"Il governo di accordo nazionale è obbligato a proteggere tutti i civili, ma gli attacchi verso i centri di detenzione dei migranti da parte dei caccia F16 è al di là della capacità governativa di proteggerli", ha dichiarato Bashagha, secondo quanto riportato da The Libya Observer.
Lo stesso quotidiano in precedenza aveva riferito le parole dello stesso ministro libico, secondo cui il Governo di Accordo Nazionale libico sta valutando l'ipotesi di chiudere i centri di detenzione e liberare tutti i migranti che vi sono detenuti.
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Il generale Haftar pronto a sostenere la liberazione*
L'Esercito nazionale libico, guidato dal maresciallo Khalifa Haftar, si dice pronto a "sostenere l'azione del governo Serraj" per rilasciare i migranti rinchiusi nei centri di detenzione. Lo ha scritto sulla sua pagina Facebook Ahmed al Mismari, portavoce dell'Esercito di Haftar: "Gli ultimi rapporti dell'Onu dimostrano che le milizie usano i migranti come scudi umani per accusare poi l'Esercito nazionale. La missione dell'Onu e il cosiddetto Governo di Tripoli hanno la responsabilità di fornire la sicurezza a queste persone e liberarle dalla presa delle milizie. Noi siamo pronti per liberarle all'istante".
I porti chiusi potrebbero non bastare
"Se il governo Serraj, dopo il massacro dei giorni scorsi, chiuderà davvero tutti i centri di detenzione dei migranti per garantire la loro sicurezza, è prevedibile una nuova drammatica stagione di partenze dalle coste libiche. Sarebbe l'epilogo di una lunga catena di errori, dall'intervento militare per destituire Gheddafi in poi, che rischia di ripercuotersi unicamente sull'Italia". La prima reazione politica in Italia all'annuncio del governo libico è di Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di FI.
"In questo caso - dice - la politica dei porti chiusi non basterebbe più e il governo - che ha pericolosamente oscillato tra Serraj e Haftar - dovrebbe avere la forza e la capacità di imporre una soluzione europea. La politica italiana avrebbe il dovere di uscire dall'ipocrisia del dibattito di questi mesi: il Pd ha cambiato linea sostenendo che la situazione ora è cambiata, ma i centri di detenzione in realtà erano dei lager anche ai tempi degli accordi sottoscritti da Minniti. L'unica cosa certa è che il Paese non potrebbe sopportare un'altra imponente ondata di flussi migratori, e bisogna quindi uscire dalla logica degli slogan da una parte e della demagogia buonista dall'altra", conclude Bernini.
Le posizioni di Conte e Putin
Durante l'incontro a Roma il premier italiano e il presidente russo hanno affrontato anche il tema Tripoli: "Per quanto riguarda la Libia, è un dossier strategico per l'Italia che seguiamo costantemente". Conte ha ricordato di avere avuto "occasione per confrontarsi con vari leader su questo dossier" a margine del G20 di Osaka. Anche con il presidente Putin "abbiamo convenuto sul punto che l'opzione militare non porta da nessuna parte, genera violenza, instabilità e prelude a crisi umanitarie di difficile gestione".
Il premier ha voluto poi mandare un messaggio a Serraj sottolineando come sia sdavanti "a un compito di grande responsabilità" e invitandolo "a fare di tutto perché crisi umanitarie non esplodano in tutta la loro ampiezza".
Più taglienti le parole del presidente russo, Vladimir Putin, che ha voluto ricordare sulla questione libica le responsabilità della Nato: "Mosca non deve giocare nessun ruolo regolatore decisivo, questo è' un ruolo che si deve chiedere a chi lo ha fatto". Vale a dire a chi ha attaccato il Paese nordafricano. Putin ha poi sottolineato che, dopo i bombardamenti Nato "si è creato caos e lotta tra vari raggruppamenti paramilitari".
Poi qualche indicazione sul futuro: "Noi non stiamo in disparte ma non vogliamo entrare per primi. Appoggiamo sia Haftar sia Serraj". In generale, descrivendo la situazione in Libia, il leader russo ha fatto notare come la situazione si stia deteriorando e come l'attività terroristica sia in aumento, così come il numero delle vittime.