Le caselle da riempire sono cinque. Cinque nomine, cinque sostituzioni da fare in ambito europeo per ruoli in scadenza a ottobre. E che sono il presidente della Bce (Mario Draghi), che va ad aggiungersi ad altre tre presidenze: Commissione europea (Jean-Claude Juncker), Parlamento Ue (Antonio Tajani) e Consiglio Ue (Donald Tusk). In più c’è l’incarico di Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza (Federica Mogherini). A Bruxelles la trattativa è serrata e anche piena di incognite. Per l’Italia soprattutto, nel frattempo impegnata sul fronte incandescente di evitare la procedura d’infrazione.
Anche perché ora l’Italia ha tre poltrone, una “condizione che non si potrà ripetere” osserva il Corriere della Sera. Proprio per il fatto che “la prima volta il nostro Paese è guidato da partiti che non appartengono a uno dei quattro gruppi della maggioranza al Parlamento Ue: popolari, socialisti, liberali e verdi”. E a poco è valso l’incontro tra il presidente Conte e Angela Merkel, che con lui ha condiviso il metodo dei negoziati manifestando anche l’intenzione di includere l’Italia nelle consultazioni. I tempi stringono.
La prima casella da decidere è quella del titolare della Commissione, che viene proposto dal Consiglio ma deve essere eletto dal Parlamento. “Il tempo è poco perché il 2 luglio l’assemblea eleggerà comunque il proprio presidente, anche se gli Stati non avranno trovato un accordo. Secondo il metodo degli Spitzenkandidaten usato nel 2014 per eleggere Juncker, il presidente della Commissione deve essere espressione del risultato delle urne. Il candidato del Ppe, il tedesco Weber, non ha l’appoggio di socialisti e liberali, e non piace a Macron, ma ancora ieri Merkel lo difendeva” si legge ancora sul Corriere.
Secondo fonti francesi, la rosa iniziale comprendeva dieci nomi di possibili candidati. Ma ieri sera, alla cena tra i capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles per il Consiglio europeo, dedicata alla discussione sulle nomine ai vertici delle istituzioni Ue, e cominciata con tre ore di ritardo, verso le 22, protrattasi fino a tardi, “non è stata affrontata la partita Bce”.
L'isolamento del premier Conte
E il nostro premier? Secondo quanto ricostruisce la Repubblica in un retroscena sulle edizione di carta, “quando apre la porta del salone al terzo piano dell’Europa Building, Giuseppe Conte si ritrova praticamente da solo. E tutti gli altri leader? Impegnati in bilaterali, trilaterali o riunioni di gruppo per decidere le cariche europee. Sono tutti a Bruxelles dalla mattina. Fanno e disfano ipotesi di un accordo che però per mano di Angela Merkel si allontana. Il premier italiano invece arriva giusto per l’avvio dei lavori. Mano a mano che si palesano gli altri, cerca di recuperare terreno facendosi raccontare le puntate precedenti in fugaci chiacchiere a pochi minuti dell’apertura del vertice”.
Prima parla fitto con Tsipras, poi con il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e via via con Merkel, Bettel, Rutte e infine con Jean-Claude Juncker cercando di ricostruire i tasselli di ciò che non ha sentito. Ma nel frattempo, che cosa è successo realmente? Così ricostruisce la soleggiata mattinata di Bruxelles il quotidiano romano: “La prima mossa la fanno i gruppi parlamentari di Socialisti e Liberali: insieme affondano definitivamente la corsa di Manfred Weber, il portabandiera dei Popolari alle elezioni, l’uomo che avendo vinto le europee dovrebbe succedere a Juncker alla guida della Commissione. Ma Macron non lo vuole e salda un asse con Sanchez e Costa, al quale si aggiungono i Verdi, per frenare il Ppe della Merkel. Con i Liberali che continuano a puntare sulla danese Vestager mentre il centrosinistra non molla l’olandese Timmermans”.
Si narra anche di una Cancelliera infuriata con Macron, che prima boccia Weber e poi pretende di scegliere chi sarà la personalità del Ppe (Barnier) a succedere a Juncker, se non a imporre la “sua” Vestager. “E allora su indicazione della Cancelliera i popolari si impuntano su Weber con un comunicato ufficiale che minaccia il veto contro qualsiasi altro candidato”.
La riunione a cellulari schermati
Così in questo scenario e in questa girandola di voci “impossibile da verificare (anche perché la riunione avveniva a cellulari schermati)” come sottolinea Il Sole 24 Ore, “l’Italia assiste alla trattativa sulle nomine da spettatore poco in grado di incidere” osserva invece Il Fatto Quotidiano, che aggiunge: “Tusk avrebbe assicurato che farà in modo di evitare un Presidente della Commissione ostile al nostro paese. Ma il risiko è complicato. Il bilaterale di Merkel e Macron si rivela un braccio di ferro. Ieri sera sui tavoli della cena c’erano ancora i nomi dei 3 Spietzenkandidat (oltre a Weber, Frans Timmermans per il Pse e Margarethe Vestager per l’Alde)”.
Nessuno di loro parte con grandi quotazioni possibilità, mentre nel borsino dei papabili sale Michael Barnier, “che andrebbe bene anche alla Spagna di Pedro Sanchez, attualmente il più forte nel Pse”. Mentre il corrispettivo – cioè Weidemann alla Bce – “non va bene a nessuno”. Mentre per il Consiglio è ricorrente il nome di Mark Rutte, ma in ogni caso “poco quotato anche perché c’è la necessità di bilanciare con una donna”.
Alla fine è solo una girandola di nomi, e un rinvio delle decisioni potrebbe però riservare delle sorprese. Anche se il 2 luglio l’Europarlamento deve votare il suo Presidente. “L’Italia continua a far presente di volere un Commissario “economi - co di peso” (Commercio, Concorrenza o Mercato interno). In cima alla lista c’è Giancarlo Giorgetti”. Per la cui eventuale sostituzione, riferisce Il Messaggero, “la questione, per la prima volta, è stata affrontata mercoledì mattina a Palazzo Chigi durante il vertice tra Conte-Salvini-Di Maio” dove “il leader della Lega ha parlato di rimpasto” e “il capo dei % stelle lo ha frenato e corretto aprendo a un ‘turn over a quote invariate’”. Ciò che aprirebbe ad un piccolo puzzle di sostituzioni.
Ma per il momento la trattativa a Bruxelles, per come la ricostruiscono i giornali oggi, è ancora lontana. Nella notte è poi arrivata la notizia della fumata nera sulle nomine. Tutto rinviato a un vertice straordinario il 30.