L'attivista più noto di Hong Kong, Joshua Wong Chi-fung, è tornato in libertà schierandosi subito al fianco dei manifestanti che nei giorni scorsi hanno protestato contro gli emendamenti alla legge sull'estradizione, al centro della crisi politica di queste ore. La sua prima richiesta sono state le dimissioni della leader del provincia, Carrie Lam. I manifestanti avevano chiesto il ritiro della riforma, che avrebbe consentito alla Cina di perseguitare gli oppositori anche nell'ex colonia inglese, e sono tornati a protestare anche dopo la sospensione del dibattito sul testo, chiedendo un ritiro definitivo.
Wong, 22 anni, uscito dall'Istituto Correzionale Lai Chi Kok, è stato uno dei leader delle proteste pro-democrazia nel 2014 che hanno paralizzato il centro della Regione Amministrativa Speciale per 79 giorni consecutivi. "Carrie Lam non è più qualificata per essere la leader di Hong Kong" ha detto ai giornalisti che lo attendevano all'uscita dell'istituto correzionale, addossando alla capo esecutivo la responsabilità delle violenze subite dai manifestanti negli scontri con la polizia, il 12 giugno scorso.
Cinque anni fa, Wong era in prima fila, quando a 17 anni, nel chiedere il suffragio universale per l'elezione del capo esecutivo della Regione Amministrativa Speciale cinese: venne arrestato il primo giorno di manifestazioni di Occupy Central - in seguito note come il 'movimento degli ombrelli' - quando la polizia usò i lacrimogeni e lo spray al pepe contro la folla che si era riversata nel cuore dell'isola, occupando Tamar e Admiralty, dove hanno sede il palazzo dell'Assemblea Legislativa, il parlamento locale, e gli edifici governativi.
Rimase in stato di detenzione per 48 ore: i suoi genitori parlarono di "persecuzione politica" dopo che gli venne inizialmente negata la libertà su cauzione. A capo della sigla "Scholarism", Wong divenne il volto piu' noto del movimento che si opponeva alla proposta di riforma della legge per l'elezione del leader di Hong Kong promossa da Pechino: le manifestazioni che seguirono furono le più grandi mai tenutesi su suolo cinese dalle proteste pro-democratiche di piazza Tiananmen, nel 1989.
La carriera politica è cominciata ufficialmente nel 2016, con la nascita di Demosisto, partito di cui è co-fondatore, che mira all'auto-determinazione di Hong Kong "attraverso l'azione diretta, i referendum popolari e mezzi non violenti" e per arrivare all'autonomia politica ed economica dalla Cina. Del 2017 è la prima condanna per le manifestazioni di Occupy Central: davanti ai giudici, era in compagnia di altri due leader studenteschi, Alex Chow e Nathan Law. I tre vennero condannati in appello a sei mesi di carcere, dopo una condanna in primo grado ai servizi sociali, giudicata troppo lieve dall'amministrazione di Hong Kong.
"Essere incarcerati è una parte inevitabile del nostro lungo, sfibrante, cammino verso la democrazia", scrisse mentre si trovava in carcere in una lettera pubblicata dal Guardian. Una nuova condanna sarebbe arrivata nel gennaio 2018 (scontò solo sei giorni di carcere, prima del rilascio su cauzione) e l'ultima è del mese scorso, quando gli sono stati inflitti due mesi di detenzione, di cui ne ha scontato uno solo: un dimezzamento della pena che sarebbe prassi per i casi di buona condotta. Appena tornato in libertà, ha mostrato subito di essere pronto a sfidare la capo esecutivo di Hong Kong, a cui Pechino ha ribadito, ancora una volta, il sostegno.