Ascolti da record ieri sera in Turchia, per il confronto tra i candidati alla poltrona di sindaco di Istanbul: l'eletto e poi deposto Ekrem Imamoglu, candidato del repubblicano Chp e del nazionalista Iyi Parti, e Binali Yildirim, esponente dell'Akp, il partito del il presidente Recep Tayyip Erdogan, e dei nazionalisti dell'Mhp.
Un dibattito a suo modo storico per la Turchia, perchè diventare sindaco di Istanbul significa molto di più che essere primo cittadino di una grande città. Senza scomodare Napoleone Bonaparte, secondo cui se il mondo avesse avuto un'unica capitale quella sarebbe stata proprio la metropoli sul Bosforo, basti ricordare che la prossima settimana saranno in più di 10 milioni a recarsi alle urne per eleggere il primo cittadino di una città che di abitanti ne ha ufficialmente 16 milioni, ma in realtà almeno 5 in più; più di un quarto dell'intera Turchia.
"Chi vince a Istanbul vince in tutta la Turchia", amava ripetere Erdogan, la cui ascesa iniziò proprio in riva al Bosforo, 25 anni fa. Da allora il suo partito, l'Akp, attraverso i suoi sodali, ha governato ininterrottamente la città che il 23 giugno potrebbe infliggere una svolta da delineare il futuro di tutta la Turchia.
Sotto questo punto di vista la sfida non potrebbe essere più emblematica. Da una parte Binali Yildirim, il fedelissimo di Erdogan che al presidente deve praticamente la sua intera carriera politica. L'ex premier, ultimo della storia del Paese prima della riforma costituzionale, rappresenta la assoluta continuità con gli anni di dominio Akp e l'ennesima prova della solidità della posizione di Erdogan.
Lo sfidante, il repubblicano Ekrem Imamoglu, partito in sordina pur avendo dalla sua anni di lavoro nelle amministrazioni locali, è riuscito a portare dalla sua parte moltissimi cittadini con una campagna fatta nelle piazze, contrapponendo all'uomo scelto dal palazzo una sorta di sindaco della porta accanto.
Con la decisione dell'authority per le elezioni (Ysk) di cancellare il risultato dello scorso 31 marzo e tornare alle urne, la popolarità di Imamoglu è cresciuta fino a varcare i confini del Paese e a rendere quello che era un bravo amministratore locale l'uomo capace di mettere a repentaglio il potere di Erdogan.
Il confronto sul voto annullato
Proprio la decisione di tornare alle urne ha costituito l'oggetto della prima domanda che il giornalista Ismail Kucukkaya ha posto ai contendenti. L'esperto giornalista si è trovato nei difficili panni di moderatore di un confronto tv finito sotto gli occhi di tutta la Turchia.
Secondo Yildirim il ritorno alle urne è innanzitutto la conseguenza della mancanza di cooperazione dei repubblicani. "Se i miei voti fossero stati contati a favore di un altro partito saremmo stati dinanzi a un furto. Se il Chp avesse accettato di contare le schede nulle ora non saremmo qui e avremmo evitato di creare confusione negli elettori", ha attaccato Yildirim.
Accuse rifiutate da Imamoglu, che chiede a Yildirim di essere più preciso nelle sue esternazioni e parla di quella che è ormai una lotta per la democrazia." Ai rappresentanti di che partito o a quali funzionari ti riferisci? Chi avrebbe commesso il furto? E non è vero che il mio partito non ha collaborato. Questa non è più una semplice elezione locale. La decisione di tornare alle urne la ha resa una battaglia per la democrazia", ha risposto Imamoglu, che in uno dei momenti di maggior pathos della trasmissione ha poi chiesto a Yildirim di giustificare il black out nella pubblicazione dei dati dello scrutinio del 31 marzo da parte dell'agenzia di stampa Anadolu, un black out durato tutta la notte.
Domanda a cui Yildirim ha risposto in maniera vaga, limitandosi a fare presente che Anadolu i dati "li rende pubblici", mentre ufficializzare i risultati delle elezioni "è compito dello Ysk".
Il candidato fedelissimo di Erdogan ha poi chiesto a Imamoglu di giustificare la decisione di copiare i dati di tutti i cittadini di Istanbul nei pochi giorni da sindaco prima dell'annullamento delle elezioni. Secondo Yildirim, questa azione corrisponde a una tattica tipica della rete golpista Feto, accusata di aver organizzato il tentato golpe del 15 luglio 2016.
Accusa ritenuta "fuori luogo" da Imamoglu, che la respinge con forza al mittente. "Non ho idea di quali siano le tattiche di Feto. Io sono sempre dalla parte dello stato e del diritto e da sindaco di Istanbul avevo il pieno diritto a far copiare i dati dei cittadini, un processo senza alcun rischio per la privacy", si è difeso Imamoglu.
I temi della campagna
Lotta agli sprechi, verde pubblico, politiche sociali, attenzione alle fasce di popolazione meno abbienti e misure per favorire l'occupazione, hanno costituito argomenti di confronto e terreno di promesse su cui entrambi candidati hanno dato prova di essere preparati e propositivi.
In tempi in cui la Turchia versa in condizioni di difficoltà economica il sindaco di Istanbul può ricoprire un ruolo importante e dare nuova linfa all'economia in base alle strategie che ha in programma di realizzare.
Yildirim ha promesso 500 mila nuovi posti di lavoro a Istanbul che saranno garantiti da investimenti da attuare nella metropoli e rivendicato che negli anni del governo Akp la percentuale di donne nei posti di lavoro è salita dal 21% al 34%. Imamoglu ha invece illustrato un piano di sostegno per le famiglie in difficoltà e per l'accesso allo studio dei minori dei quartieri più poveri della città.
Il nodo dei rifugiati siriani
Argomento a parte l'integrazione dei siriani, ufficialmente 547.000 solo a Istanbul, in base al dato mostrato ieri dallo stesso Imamoglu, che ha accusato il governo turco di non aver affrontato adeguatamente il problema della crisi in Siria, portando de facto in Turchia 4 milioni di siriani che il Paese si è trovato a gestire nell'isolamento della comunità internazionale.
Su quest'ultimo punto i candidati hanno concordato, con Yildirim che ha ricordato che il governo (di cui lui ha fatto parte negli ultimi anni), ha dato rifugio a milioni di persone in fuga dalla guerra e che circa mezzo milione di siriani è tornato a casa proprio grazie alle operazioni militari turche nel nord della Siria.
Diverso è però il tema dell'integrazione dei siriani, per la quale Imamoglu propone l'istituzione di un ufficio che fornisca loro informazioni e servizi, favorendone attivamente l'integrazione. Un sistema che esiste già, ma che può essere rafforzato, secondo Yildirim, che ricorda come l'Akp abbia garantito ai siriani accesso a sanità e istruzione.
Meno di una settimana e sapremo come finirà l'elezione infinita a sindaco di una città che rappresenta una sintesi di un Paese molto più grande. Una città che è il cuore economico del Paese, con una popolazione in cui sono rappresentate tutte le etnie, minoranze, religioni, correnti politiche e proprio per questo capace di spostare gli equilibri e portare verso il governo di tutta la Turchia.
"Parola agli elettori", ha detto oggi Yildirim, mentre Imamoglu haripetuto il suo slogan e la sua promessa "Sarè tutto bellissimo", una promessa fatta non solo agli abitanti della città, ma a tutti i turchi.