Chi lo ha votato nel 2012 lo ritiene il "primo presidente d'Egitto democraticamente eletto". E chi lo ha rimosso, un anno dopo, lo giudica un traditore e in sei processi lo condanna a 48 anni. Non li sconterà: Mohamed Morsi è morto in un'aula di tribunale, pochi istanti dopo essersi difeso per l'ennesima volta davanti a un giudice che lo accusava di spionaggio.
"Sono il dottor Mohamed Morsi e sono il legittimo presidente d'Egitto", si rivolge ogni volta al giudice. E milioni di suoi sostenitori, fedeli della Fratellanza musulmana, lo ritengono un eroe della rivoluzione. E, come lo ha definito il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, un "martire" dell'Egitto dell'attuale presidente, Abdel Fattah al Sisi. Il rischio per Il Cairo ora è che il lutto si trasformi in collera. Il ministero dell'Interno ha già dichiarato lo stato di allerta e rafforzato la sicurezza.
Veterano degli attivisti e professore di ingegneria, Morsi, che aveva 67 anni, è tra i leader della Fratellanza musulmana detenuti durante la rivolta della primavera araba del 2011. Riesce a liberarsi in mezzo ai tumulti: per l'evasione viene condannato a morte nel 2015. Un processo che era da rifare per la sentenza annullata in appello.
Figlio di un contadino, non è la prima scelta della Fratellanza come candidato alla presidenza. Soprannominato "la ruota di scorta", Morsi emerge come candidato di compromesso per le prime elezioni presidenziali nell'Egitto post Mubarak.
Originario dell'ala politica del movimento - il Partito della libertà e della giustizia - entra in corsa dopo che uno dei potenti finanzieri della Fratellanza, Khairat al-Shater, viene squalificato per motivi tecnici. Molti elettori lo scelgono in un voto di protesta contro l'ultimo premier di Mubarak, Ahmed Shafiq. Vince con il 51 per cento dei voti e diventa modello nel mondo arabo del governo dei Fratelli musulmani.
Le ragioni della caduta
Al suo insediamento, nel giugno 2012, il leader islamista promette di essere il presidente "di tutti gli egiziani" e viene acclamato dalle folle nella iconica piazza Tahrir del Cairo. Ma presto viene accusato di non riuscire a rappresentare tutti e di calpestare gli ideali della rivolta anti-Mubarak. Il suo breve mandato viene macchiato da profonde divisioni nella società egiziana, da una paralizzante crisi economica e da proteste dell'opposizione spesso sfociate in scontri violenti.
Il 3 luglio 2013 viene rimosso dal suo allora ministro della Difesa e capo dell'esercito, Abdel Fattah al Sisi, dopo che milioni di persone reclamano le sue dimissioni. Al Sisi prende il suo posto di presidente un anno dopo.
Per Morsi, e la Fratellanza, è "un colpo di stato" e lui continua a ritenersi il presidente legittimo. Seguono scontri in cui le forze di sicurezza massacrano decine di suoi sostenitori. Le proteste pro-Morsi - denunciano diverse ong - vengono spesso soffocate nel sangue.
Rinchiuso in isolamento da allora, Morsi riappare solo nella gabbie dei tribunali dove affronta sei processi: quattro di questi si chiudono con condanne per un totale di 48 anni di prigione. È accusato, oltre che per l'evasione e per l'incitamento alla rivolta, anche di spionaggio a favore di Iran, Qatar e dei gruppi armati di Hamas e Hezbollah.