Lo scorso mese, la compagnia statunitense Uber è finita in tribunale per l’ultima novità del servizio offerto: la possibilità di silenziare il driver. L’opzione si chiama “Quiet preferred” e rappresenta un sogno per molti di coloro che spesso immaginano di mettere tacere qualcuno o qualcosa.
“Dalla prospettiva del driver è una cosa davvero offensiva e maleducata”, ha commentato un autista di Uber al Guardian.”È come se qualcuno dicesse ‘stai zitto!’. La dice lunga su Uber”.
Dal canto suo il colosso americano risponde alle accuse affermando che l’opzione è nata in risposta alle esigenze dei clienti che temevano di ricevere un punteggio basso perché poco disposti a parlare col conducente. Mentre quest’ultimo afferma di aver paura di iniziare una conversazione con un passeggero per la stessa ragione.
Ma chi di noi non ha sognato il magico tasto per ‘spegnere’ il collega noioso o il cameriere logorroico? Il primo a introdurre l’opzione muto è stato, nel 2014, Twitter. La novità del social dei cinguettii è stata subito apprezzata dagli utenti che potevano scegliere di non vedere post su un determinato argomento senza ricorrere a misure drastiche come quella di bloccare la persona. E senza che il diretto interessato lo venisse a sapere. Lo scorso anno è stato Instagram ad adottare la stessa misura.
“Gli esseri umani si sono evoluti in comunità formate da piccoli gruppi in cui tutti conoscono tutti”, ha spiegato al Guardian lo psicologo clinico Paul Gilbert, autore di Living Like Crazy. “Non siamo necessariamente adatti a interagire con uno sconosciuto. Alcune persone lo trovano faticoso, almeno in taxi si deve avere la possibilità di entrare e restare in silenzio”, commenta Gilbert che si dice favorevole a “tasto muto” di Uber.
Il rovescio della medaglia è che “in questo modo si taglia fuori qualsiasi possibilità di instaurare una connessione umana”, si legge sul quotidiano britannico. “Si capisce subito, da come risponde alla domanda - come stai? - se un passeggero ha voglia di parlare o no”.
“Il trend più ampio è quello che viene definito - privatizzazione dello spazio uditivo - spiega Tom Rice, lettore di antropologia alla Exter University. Nel corso dei sondaggi alla domanda “quale è la cosa più irritante della vita moderna”, la maggior parte degli intervistati risponde “suoni e musica non gradita”. E ci si protegge con cuffie e auricolari.
Secondo Rice, se ascoltiamo i podcast, la musica o il rumore bianco tutto il tempo, ci stiamo allontanando dalla società e dalla possibilità di interagire, aiutare, provare piacere. "Personalmente non uso molto gli auricolari, penso che possano essere straordinariamente utili e arricchire la propria vita uditiva. Ma penso anche che si possa guadagnare molto prestando attenzione al proprio ambiente uditivo."
Come? Ci sono suoni che fanno parte del nostro ambiente quotidiano e che ci infondono sicurezza e serenità: “Il modo in cui il lavandino al lavoro gorgoglia quando si chiude il rubinetto, il canto degli uccelli, il vento tra gli alberi, i passi che echeggiano sotto un ponte”.