Niente sorprese, chi doveva vincere ha vinto: il nuovo presidente del Kazakistan è il 66enne Kassym-Jomart Tokayev, il "delfino" dell'ex capo di Stato nonché padre-padrone del gigante centrasiatico, Nursultan Nazarbayev. Stando ai primi exit poll, ha avuto il 70,1% dei voti. Il candidato dell'opposizione, Amirzhan Kosanov, si è fermato al 15,4% dei consensi.
Eppure le prime elezioni presidenziali da 30 anni a questa parte sono state tutt'altro che tranquille. Le autorità segnalano oltre 500 arresti in varie città del Paese, ma potrebbero essere molti di più I video e le immagini che circolano sui social network mostrano una realtà che il gigante centrasiatico, ex repubblica sovietica, certo preferiva non mostrare: massicce proteste di piazza proprio per chiedere il boicottaggio delle elezioni convocate per oggi dopo le dimissioni, a sorpresa, di Nazarbayev, lo scorso marzo.
Anche giornalisti tra i fermati
Per il viceministro all'Interno, Marat Kosciajev, gli arrestati sarebbero "elementi radicali" colpevoli di aver organizzato manifestazioni "non autorizzate". Non la pensa così chi è sceso in piazza: "Vergogna, vergogna", gridava la folla ad Almaty, la più grande città kazaka, mentre alcuni manifestanti venivano trascinati via dalle forze di sicurezza. È qui che, a quanto riferisce un corrispondente della France Press, sono finite in manette anche due colleghi della sua agenzia: il primo è stato rilasciato mentre al secondo è stata sequestrata tutta l'attrezzatura. Nella stessa città sono stati fermati e poi rilasciati un giornalista di Radio Free Europe, Petr Trotsenko, e un cooperante norvegese.
A detta delle autorità di Nur-Sultan, i manifestanti hanno cercato di "destabilizzare" il processo elettorale. Complessivamente, non è chiaro quante siano state le persone scese in piazza: "molte migliaia", stando a quel che affermano gli organizzatori delle proteste. Gli attivisti per i diritti civili riferiscono, dal canto loro, che molti dei manifestanti sarebbero stati fermati ed interrogati per ore.
Nella capitale Nur-Sultan la protesta si è concentrata nelle strade del centro: a quanto raccontano i testimoni, i manifestanti avrebbero respinto l'avanzata delle forze di sicurezza spingendoli indietro con i loro cartelli. In un caso, sarebbero riusciti a liberare alcune persone fermate da un autobus della polizia. Altri 20 arresti vengono segnalati a Shyment, nel sud del Paese.
I manifestanti chiedono elezioni "libere ed eque": il voto odierno è considerato né più né meno una farsa. A promuovere le proteste è stato Mukhatra Ablyazov, che vive in esilio in Francia e che è' considerato uno dei più strenui oppositori di Nazarbayev. Il punto è che sostanzialmente Tokayev è già al potere, essendo stato nominato presidente ad interim su indicazione esplicita dello stesso Nazarbayev, sotto il quale aveva servito come premier e come ministro degli Esteri.
Il potere resta in mano a Nazarbayev
In teoria, il voto doveva rappresentare la legittimazione popolare del nuovo presidente. Ma, a quanto afferma l'opposizione, gli altri sei candidati in lizza non hanno mai avuto alcuna reale chance, se non altro in considerazione della colossale sproporzione di mezzi: loro non sono quasi mai apparsi in pubblico, laddove la campagna di Tokayev poteva contare su un budget multimilionario.
D'altronde, era stato lo stesso Nazarbayev a dirlo, quando annunciò le sue dimissioni: "Tokayev è esattamente la persona a cui possiamo affidare il governo del Kazakistan. È onesto, responsabile e affidabile". In realtà, il sistema di potere di Nazarbayev resta pienamente in sella: l'ex presidente rimane leader del partito di governo Nur-Otan (Luce della patria) e rimane a capo del potentissimo Consiglio di sicurezza. In più, oltre ad essere senatore onorario, ha ricevuto il titolo onorario di "Capo della nazione" (elbasy, in kazako).
Per completare il quadro, a presiedere il Senato - al posto di Tokayev - è la figlia del Nazarbayev, Dariga Nazarbayeva. La missione del nuovo capo dello Stato, dicono gli osservatori, è chiarissima: far sì che il Kazakistan si mantenga in equilibrio tra i suoi vicini giganti, la Russia e la Cina, mantenendo al tempo stesso il filo con l'Occidente. Tutto questo tenendo sotto controllo chi vuole scendere in piazza.