Donald Trump 'arma' i dazi contro il Messico, accusato di non fermare migranti e droga diretti negli Stati Uniti, ma affonda le Borse.
Dal 10 giugno scatteranno aumenti del 5% su tutti i beni importati negli Usa dal Paese confinante, e saliranno gradualmente finché i migranti non saranno fermati: "A quel punto le tariffe saranno rimosse", ha annunciato via Twitter il presidente americano, che è ricorso ad una legge del 1977, l'International Emergency Economic Power Act.
Questa gli consente di regolare direttamente il commercio durante un'emergenza nazionale, già dichiarata da Trump lo scorso febbraio per poter disporre dei fondi necessari alla costruzione del Muro bypassando il Congresso.
Come si colpisce il primo partner commerciale
I dazi Usa sulle importazioni dal Messico aumenteranno al 25% dal primo ottobre "a meno che - o fino a quando - il Messico non fermerà in modo significativo i flussi illegali di stranieri attraverso il suo territorio", ha rimarcato Trump in una nota diffusa dalla Casa Bianca.
E, nel pomeriggio italiano, ha rincarato la dose: "Il Messico deve tenersi lontano dai cartelli della droga, il 90% della quale arriva negli Stati Uniti e lo scorso anno ha ucciso 80.000 persone e ne ha rovinate un milione. Nulla è stato fatto per molti anni. È venuto il momento di agire".
Il Messico è diventato il primo partner commerciale degli Usa, rimpiazzando la Cina, ai ferri corti con Washington sul fronte commerciale.
Sia Trump sia l'omologo messicano Andres Manuel Lopez Obrador hanno avviato l'iter per la richiesta di ratifica, da parte dei rispettivi parlamenti, del nuovo Nafta, l'accordo commerciale Usmca (United States Mexico Canada Agreement). Trump ha inoltre esentato Messico e Canada rispetto ai dazi sull'alluminio e sull'acciaio ma quest'ultima mossa segna una totale inversione di rotta nelle relazioni con Città del Messico, che prima ha definito "disastroso" l'annuncio del presidente americano, e poi ha fatto appello "alla pazienza e alla responsabilità" nelle relazioni con Washington.
Obrador ha in passato promesso ai migranti dell'America centrale un permesso di lavoro se decidessero di rimanere in Messico ma la sua amministrazione ha deportato 45.000 clandestini, con il picco di 15.000 raggiunto lo scorso aprile, contro le 6.000 deportazioni dello scorso dicembre quando si è insediato alla presidenza.
Alla luce dell'aumento dei dazi, il presidente messicano ha anche disposto la partenza per Washington del ministro degli Esteri affinché avvii una trattativa che "consenta di raggiungere un accordo dal quale entrambi i Paesi traggano vantaggio".
Obrador ha anche criticato la mossa di Trump, affermando che "i problemi sociali non possono essere risolti con tasse o misure coercitive" e accusando il presidente degli Stati Uniti dia aver "da un giorno all'altro la terra della fraternita' per i migranti in un ghetto". Obrador ha anche mostrato ottimismo sulla ratifica del nuovo trattato commerciale tra Usa e Messico, sostenendo di ritenere che avverrà presto.
La risposta delle borse
La guerra dei dazi al Messico ha affondato le Borse europee, che hanno aperto in netto calo, accentuato le perdite a metà seduta e in chiusura non si sono riprese. Londra ha perso lo 0,78% a 7.161 punti. Milano cede lo 0,73% a 19.802 punti. Francoforte scende dell'1,41% a 11.726 punti e Parigi lo 0,79% a 5.207 punti.
In rosso anche Wall Street, che ha aperto con il Dow Jones a -l'1,16%, lo S&P a -1,295 e il Nasdaq a - 1,42%. A picco, i titoli di Gm (-4,65%", Fiat Chrysler (-5,37%) e Ford (-2,98%), i tre colossi dell'auto Usa che hanno investito pesantemente in Messico.