Crollo verticale dei Tories di Theresa May, trionfo del neonato Brexit Party di Nigel Farage. Le prime proiezioni delle Europee in Gran Bretagna - voto paradossale, dato che il Regno Unito e ad un passo dall'uscita dall'Ue - consegnano un ritratto del Paese che è un terremoto: oltre il 32% dei consensi per la formazione euroscettica di Farage, seguita a sorpresa dai liberal-democratici europeisti con il 20,5%, mentre i conservatori al governo segnerebbero, se questi dati fossero confermati, un risultato catastrofico, che supera appena il 9% dei consensi.
Anche il Labour di Jeremy Corbyn non se la passa bene, con il 14%. Il leader chiede un nuovo referendum sulla Brexit oppure un voto anticipato. "Dato che i conservatori si stanno dissolvendo e non possono più governare mentre il parlamento sembra entrato in stallo" ha detto Corbyn "questo tema deve tornare al popolo, tramite una nuova elezione parlamentare oppure attraverso un referendum".
Segnano un notevole avanzamento i Verdi, con il 12,2% dei voti. Ora, è vero che si tratta di un'elezione molto peculiare: segnata dal trauma di una Brexit irrisolta, rinviata numerose volte e oltretutto a rischio "no deal", ossia con effetti potenzialmente devastanti sul Regno Unito se l'uscita avverrà senza l'accordo con l'Ue, e segnata anche dalle imminenti dimissioni della premier: in pratica è stata l'elezione di chi si è recato alle urne per dare un segno.
Il segno di Farage, prevalentemente, di protesta e di rabbia, che prevale su ogni altra valutazione. Di sicuro, con un esito del genere chi succederà a Theresa May a Downing Street dovrà vedersela con una pressione ancor più accentuata.
"Si profila una grande vittoria per il Brexit Party, e questo mi piace", si e' affrettato a dire Farage a urne ancora calde, sicuramente uno dei grandi protagonisti della vittoria del "leave" nel referendum del giugno 2016, all'epoca a capo di un altro partito, l'Ukip. A detta degli analisti, per quello che riguarda i Tories, la già difficile corsa alla successione di Theresa May rischia di caratterizzarsi, dopo questo voto, per una corsa altrettanto sfrenata a chi si profila meglio nel tagliare i ponti con l'Unione europea.
In casa Tory il clima della disfatta è palpabile. "Ce lo aspettavamo, ma è comunque un risultato doloroso. A questo punto per il nostro partito il rischio è di natura esistenziale, a meno che non riusciamo a serrare le fila per fare la Brexit", è l'ammonimento di Jeremy Hunt, uno dei candidati alla successione di May nonché ministro degli Esteri.
Boris Johnson, ancor più gettonato come nuovo leader dei Tory, sembra essere già convinto che battere i pugni sia la strategia vincente: "Per ottenere quello che vuoi devi essere pronto a sbattere la porta", aveva detto due giorni fa, proponendo di tornare a negoziare con l'Ue, riaprendo i termini della discussione. L'appuntamento della drammatica telenovela britannica, a questo punto, è al 7 giugno, giorno delle dimissioni di Mrs. May. Dopo, la battaglia si annuncia ancora più feroce.