A due giorni dal voto italiano, c’è una sorpresa che va controcorrente nelle urne: in “Olanda i populisti non sfondano” titola il Corriere della Sera. Nei primi exit poll di queste elezioni europee diffusi poco dopo la chiusura delle urne e con possibili margini di errore perché basati su un campione limitato, dunque, “Primi i laburisti” scrive la Repubblica, che a pag. 6 è più esplicita: “Eurovoto, inizia l’Olanda e va a sinistra”. Con i socialisti di Timmermans, vicepresidente della Commissione europea, al 18 per cento mentre “crollano gli xenofobi di Geert Wilders, storico alleato di Matteo Salvini” e cala la destra.
E la sorpresa è tanto più forte perché, come si può leggere nella corrispondenza da Bruxelles del quotidiano diretto da Carlo Verdelli, “dopo due anni a rischio estinzione la sinistra torna a vincere. In modo del tutto inaspettato”. “Le elezioni europee in Olanda hanno attirato particolare attenzione nei Palazzi di Bruxelles e nel resto dell’Ue – scrive l’inviato da Bruxelles del Corriere della Sera – perché rappresentano un test indicativo sull’evoluzione dello scenario complessivo della politica comunitaria. Innanzitutto siamo in uno dei Paesi dove lo scontro tra i partiti tradizionali europeisti e i sovranisti-euroscettici è più acceso.
Cosa hanno detto di exit-poll
Il partito laburista olandese (PvdA) ha sconvolto i pronostici sulle elezioni europee e nell'exit poll si piazza davanti A liberali (VVD) e populisti (FVD). Secondo le prime stime Il Partito laburista di Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea, con il 18,1% dei voti, dovrebbe vincere cinque dei 26 seggi assegnati ai Paesi Bassi.
Il Partito popolare per la libertà e la democrazia (VVD) Quattro posti con il 15% dei voti e il Forum per la Democrazia (FVD) populista Thierry Baudet tre posti con l'11% dei voti, secondo i preliminari Ipsos stima per la televisione pubblica NOS. Gli ultimi sondaggi prima del voto hanno suggerito una vittoria dei populisti del signor Baudet, accreditati con 5 seggi, proprio come il VVD. L'effettivo spoglio delle schede inizierà alla chiusura dei seggi in Italia, gli ultimi a votare, alle 23 di domenica sera.
Rutte, che è uno dei più fedeli alleati della cancelliera tedesca Angela Merkel e gran sostenitore del rigoroso rispetto dei vincoli Ue di bilancio, nella campagna elettorale ha drammatizzato le possibili conseguenze di una avanzata euroscettica, ventilando il rischio di una uscita dell’Olanda dall’Ue in caso di vittoria dei sovranisti. Ma sconta una coalizione di governo nata su un solo seggio di maggioranza, che potrebbe diventare ancora più fragile dopo questo voto”.
“Può non essere un test indicativo”, commenta Andrea Bonanni su la Repubblica, in un’analisi dal titolo: “E se a rischiare di più fossero i populisti?” “Tuttavia – si legge – riavvicina l’Olanda al nocciolo duro dei Paesi europeisti da cui sembrava essersi allontanata. Il dato olandese conferma che il voto degli europei per eleggere il loro Parlamento avrà quasi ovunque una valenza doppia. Da una parte, infatti, deciderà se l’Europa potrà continuare a crescere e rafforzarsi come potenza globale e democratica di fronte a Cina, Russia, Stati Uniti, oppure se la scelta sovranista la renderà vassalla, economicamente e politicamente, degli altri Grandi e delle destre populiste che sono la loro quinta colonna nella Ue”.
“D’altra parte – si legge ancora sul quotidiano romano – in ogni Paese le urne europee avranno anche un significato politico interno determinante per la sorte dei governi nazionali e dei loro leader. Questi ultimi, infine, subito dopo le elezioni saranno chiamati a giocarsi la complessa partita delle nomine che influirà pesantemente non solo sul futuro dell’Unione europea, ma anche sul prestigio e sul potere delle varie capitali. Insomma, con un solo voto si decideranno tre partite che potrebbero segnare il volto del continente”.
E guardando ai riflessi interni e nazionali del voto, il Corriere – nell’edizione cartacea – in un ritratto del personaggio Thierry Baudet, “xenofobo e antieuropeo”, si chiede: “ Ma Salvini lo sapeva? Sabato scorso a Milano, a celebrare l’internazionale sovranista, per l’Olanda i leghisti avevano invitato il solito Geert Wilders. Il popolare populista coi capelli platinati. Quello sbagliato. Perché sarà anche vero che tutto il mondo conosce specialmente lui, l’erede politico dell’islamofobia di Pim Fortuyn, ma è probabile che lassù siano andati a votare un altro. E che l’olandese (sor)volante su tutti i sondaggi di queste Europee non sia dunque Wilders, dato sì e no al 5%, ma un ben più carismatico leader: Thierry Henri Philippe Baudet, 36 anni, brillante editorialista, capo del partitino Fvd che fino a due anni fa neppure esisteva e che ora punta allo stesso 15% dei liberali al governo. Baudet è xenofobo, omofobo, eurofobo quanto Wilders. Ne ha le stesse radici mezze indonesiane, ma affonda in una cultura più solida”.
“L’inatteso primo posto che l’exit poll olandese assegna al Partito del Lavoro in Olanda invita alla prudenza su come andrà a finire la partita europea” analizza il corrispondente da Berlino, sul quotidiano di via Solferino, aggiungendo: “Ma il dato dell’Olanda, se confermato, suggerisce che il vice-presidente dell’esecutivo europeo abbia ancora qualche carta da giocare. Non c’è dubbio che la forbice tra il Partito popolare europeo e il fronte socialdemocratico si stia riducendo a vista d’occhio. Complici non solo le forti perdite che si annunciano per i popolari in Italia, Spagna e Francia, ma anche l’anomalia della partecipazione britannica, che porta molti seggi laburisti al centro-sinistra e zero al Ppe”.
Con l’Olanda ieri andava al voto anche la Gran Bretagna di Theresa May, che s’è ben guardata di diffondere exit poll. Ma per Theresa May, si legge nella corrispondenza da Londra sul Corriere in edicola, “sono le ultime ore alla guida del governo britannico. La premier potrebbe annunciare già oggi le sue dimissioni, o farlo al massimo entro lunedì, quando saranno resi noti i risultati delle elezioni europee. Ma il suo destino è ormai compiuto: non ha più nulla da offrire al suo partito e tantomeno al Paese. Quella di ieri è stata un’altra giornata drammatica. La May sembrava determinata a resistere: ‘Ha messo il divano contro la porta di Downing Street’, chiosava un alto esponente conservatore. Ma poi è stata costretta a venire a patti con la realtà: e ha rinunciato a rendere oggi pubblico il nuovo testo di accordo sulla Brexit, che la premier avrebbe voluto far votare in Parlamento nella prima settimana di giugno”.
“In Gran Bretagna, Theresa May forse non arriverà neppure allo spoglio del voto. Il suo destino appare segnato. Ma anche quello del Partito conservatore, che potrebbe uscire ridotto sotto il 10 per cento. In attesa della Brexit, il Paese va verso uno stravolgimento politico, con la sconfitta di Labour e Tories che hanno dominato l’ultimo secolo ma che non hanno saputo portare il Paese fuori dall’Europa. Il leader populista Farage farà il pieno di voti incassando il dividendo della mancata Brexit e del referendum tradito. Ma questo non gli servirà per influenzare in modo decisivo la partita delle nomine europee, da cui Londra è di fatto esclusa” prevede Bonanni.
Il Sole 24 Ore osserva invece che “La politica globale manda in tilt le Borse” in un combinato disposto in cui “l’escalation tra Usa e Cina spaventa i listini, insieme a Brexit e caos europeo”. E in un articolo su “voto e mercati” racconta il focus dei gestori “su populismi e caso Italia”, in cui si può leggere che “la partita tra il governo italiano e la Commissione europea sulla legge di bilancio 2019 è stata durissima. Ma potrebbe essere ricordata come una passeggiata se paragonata al confronto che si annuncia sulla manovra di quest’anno. Tra i 23 miliardi di clausole Iva da disinnescare, rinnovo degli statali, correzione del deficit e altre voci ci sarà da negoziare una manovra da almeno 35 miliardi”. “Una cifra monstre a cui bisognerà aggiungere i fondi necessari a finanziare gli ambiziosi piani di riduzione delle imposte (flat tax) dell’esecutivo giallo-verde” si legge ancora sul quotidiano di Confindustria.
E sugli orizzonti interni posto-voto, il quotidiano riassume così la carrellata di opinioni tra gli operatori: “C’è anche un altro scenario con cui gli investitori stanno facendo i conti: la formazione di una nuova maggioranza senza il ritorno al voto. Ciò potrebbe avere implicazioni non così negative per l’Italia”.
Il voto prosegue: oggi tocca a Irlanda e Repubblica Ceca. Nel fine settimana seguiranno tutti gli altri Paesi, con l’Italia che chiuderà per ultima i seggi domenica 26 alle 23.