Un gruppo di candidati in corsa per una poltrona su cui potrebbero non sedersi mai. È la sorte degli 'Spitzenkandidaten' per la guida della prossima Commissione Ue (il termine tedesco significa appunto 'candidato di punta') che oggi si sfideranno in un dibattito in Parlamento a due settimane dalle elezioni di fine maggio.
Il sistema dello 'Spitzenkadidat', lo stesso con cui fu eletto Jean Claude-Juncker cinque anni fa, prevede che il candidato del gruppo più votato alle elezioni diventi automaticamente presidente della Commissione. Ma il metodo, caldeggiato dal Parlamento che ha approvato una risoluzione per avvertire che respingerà i candidati alla presidenza della Commissione che non siano 'Spitzenkandidaten', non piace a molti governi. E non è previsto dal Trattato, che stabilisce invece che l'indicazione del presidente della Commissione spetta al Consiglio, che a maggioranza qualificata propone un nome che l'Europarlamento deve poi confermare a maggioranza dei suoi membri.
Gli Stati non hanno nessuna intenzione di rinunciare alla prerogativa tutta politica di scegliere il prossimo capo dell'Unione e la lista dei contrari, o quanto meno degli scettici, è molto lunga e va da Emmanuel Macron fino a Donald Tusk, passando per lo stesso Giuseppe Conte, che all'ultimo vertice Ue di Sibiu ha fatto chiaramente capire che quello dei 'candidati di punta' è un metodo, ma "non l'unico".
È assai probabile, da quello che trapela a Bruxelles, che la partita per la scelta del prossimo presidente della Commissione non sia affatto scritta e si giochi altrove, a partire dal summit straordinario dei capi di Stato e di governo convocato per il 28 maggio, esattamente 24 ore dopo il voto. Comunque vada, i duellanti ci credono. E si confronteranno domani nell'emiciclo di Bruxelles a partire dalle 21 : la prima parte del confronto riguarderà disoccupazione giovanile e immigrazione, la seconda il cambiamento climatico e la tassazione, la terza il commercio internazionale, la politica estera, il populismo e il divario democratico.
Questo il profilo delle donne e degli uomini in lizza:
- MANFRED WEBER
Tedesco, 46 anni, è il candidato dei Popolari, sulla carta il favorito. Esponente della Csu, 'sorella' bavarese della Cdu di Angela Merkel, eurodeputato dal 2004 e attuale capogruppo del Ppe a Strasburgo, è stato scelto dal suo partito al congresso di Helsinki a novembre, battendo con una netta maggioranza il finlandese Alexander Stubb, considerato di tendenza più liberale. ù
Weber, appoggiato tra gli altri da Forza Italia e dalla Cdu tedesca, è un europeista convinto, ma anche se nelle ultime settimane ha escluso un'alleanza post-voto con i sovranisti di Matteo Salvini, è considerato l'uomo che potrebbe spostare il baricentro del Ppe verso posizioni più conservatrici. Su molti temi, dalla difesa della famiglia tradizionale all'immigrazione, alla fermezza sulla difesa delle frontiere esterne della Ue, le sue parole d'ordine non sono lontanissime da quelle della destra.
Non aver mai ricoperto un ruolo di governo (e non conoscere il francese) sono considerati i suoi principali punti di debolezza. Se non diventerà presidente della Commissione i rumor di Bruxelles lo accreditano come futuro presidente del Parlamento europeo.
- FRANS TIMMERMANS
Olandese, 57enne, poliglotta, attuale vice-presidente della Commissione, è il candidato dei Socialisti. Ex diplomatico e ministro degli Esteri, un'adolescenza trascorsa in Italia a causa del lavoro del padre, archivista all'ambasciata dei Paesi Bassi, parla perfettamente la nostra lingua ed è tifoso sfegatato dell' A.S. Roma. (varie volte si è presentato in sala stampa con sulla giacca la spilletta con i colori giallorossi).
Nella prima parte della legislatura ha gestito il negoziato con la Turchia dopo la grande crisi migratoria del 2015. Poi, il suo ruolo di responsabile del dossier sulla difesa dello Stato di diritto (difesa da alcuni considerata tardiva e troppo timida) lo ha messo in contrapposizione con i governi dei paesi dell'est, a cominciare dall'Ungheria di Viktor Orban.
Tra i punti del suo programma un'Europa più sociale e l'attenzione al lavoro. Nel risiko delle nomine, se non dovesse diventare presidente della Commissione, viene accreditato come possibile successore di Federica Mogherini al ruolo di alto commissario per la politica estera.
- MARGRETHE VESTAGER
È la 'Spitzenkandidatinen' dei liberali. Combattiva commissaria per la Concorrenza, ha messo la firma sulle maxi multe che l'Antitrust Ue ha inflitto ai colossi della Silicon VallEy, da Google a Facebook ad Amazon, facendo infuriare Donald Trump che l'ha ribattezzata 'tax lady'. Danese, liberale di sinistra, 51 enne, già ministro dell'Istruzione, dell'Economia e dell'Interno del suo paese, Vestager potrebbe essere il nome forte di una Commissione rinnovata e al femminile, se il blocco liberale, in accordo con Popolari e Socialisti, dovesse esprimere la presidenza.
Nei mesi scorsi ha fatto irritare non poco Francia e Germania per aver bloccato l'intesa nel settore ferroviario dei colossi Siemens e Alstom, ma diverse fonti a Bruxelles assicurano che la decisione non influirà sulla eventuale scelta di Parigi e Berlino.
Vestager non è l'unica candidata dei liberali: in corsa anche il tedesco Nicola Beer, l'italiana Emma Bonino, l'attuale Commissario europeo per i trasporti, Violeta Bulc, l'ungherese Katalin Cseh, lo spagnolo Luis Garicano e infine l'attuale capogruppo dell'Alde Guy Verhofstadt.
- JAN ZAHARDIL
Ceco, 56 anni, europarlamentare dal 2004, ingegnere e ricercatore di professione, diventerebbe presidente della commissione se a vincere fossero i Conservatori e Riformisti. Ipotesi quanto meno improbabile anche a causa del crollo dei Tory britannici che al momento sono la componente più numerosa del gruppo assieme al PiS polacco.
Liberista in economia, non esattamente sovranista, ma decisamente eurocritico e anti-establishment, Zahardil chiede una restituzione di competenze agli Stati membri e un'Europa meno centralizzata. Per ragioni geografiche, culturali e politiche guarda a Est. Politicamente punta a fare del gruppo Ecr una sorta di cerniera tra Popolari e sovranisti.
- SKA KELLER
Tedesca, 32enne, esponente dei Verdi, è la piu' giovane tra i candidati alla guida della Commissione di questa tornata, anche se può vantare già l'esperienza di due legislature a Strasburgo. Anche lei poliglotta (parla sei lingue) ha condotto un'appassionata battaglia sui temi ambientali quando ancora l'onda di Gretha Thunberg non era al centro del discorso pubblico.
È convinta che l'unica vera risposta all'avanzata delle destre in Europa sia il movimento ambientalista, e crede in una " Europa sociale, democratica ed ecologica". Tra i punti del suo programma c'è anche il reddito minimo negli Stati dell'Unione europea, la difesa dello Stato di diritto e la lotta alla corruzione. L'altro candidato dei Verdi è l'olandese Bas Eickhout del partito Verde dei Paesi Bassi, GroenLinks.
- NICO CUÈ E VIOLETA TOMIC
Sono infine i due candidati della Sinistra che si riunisce nel gruppo della Gue. Cuè nato nelle Asturie, in Spagna, sotto la dittatura di Francisco Franco, si è trasferito da piccolo in Belgio. Oggi è un sindacalista di primo piano ed è stato per 10 anni segretario Generale dei lavoratori siderurgici nel sindacato FGBT.
La slovena Tomic, nata a Sarajevo, è membro del Parlamento del suo paese dal 2014 ed è vice-coordinatore del partito di sinistra radicale Levica. Un'Europa più sociale e attenta ai diritti del lavoro e ai cambiamenti climatici sono le parole d'ordine dei due candidati della Sinistra, che chiedono all'Unione un cambio di passo per il 'superamento del neo-liberismo che ha improntato le politiche degli ultimi decenni'.