Unisce e divide, la giovane Greta. Unisce perché con il suo skolstrejk för klimatet ha creato un movimento globale di migliaia di ragazzi che vedono nel cambiamento climatico la minaccia al loro futuro, e perciò protestano disertando la scuola ogni venerdì in tutto il mondo.
Ma l’attivista svedese sedicenne è anche capace di dividere: non tanto per colpa sua, visto che le sue mosse sono state finora quasi sempre ben calibrate (diciamo quasi per un post su Instagram che le attirò diverse critiche, lo vedremo tra poco). Attorno a lei ci sono anche alcune teorie complottiste che la vorrebbero strumento di una maxi operazione di marketing: il “chi c’è dietro Greta?” è un ritornello che risuona da settimane, e a cui molti giornali hanno cercato di dare risposta.
Il libro della madre da sponsorizzare
Ultimo, in ordine di tempo, a gettare ombra sulla figura di Greta è stato il quotidiano Il Messaggero che, il 17 aprile, ha scritto che “forse la favola di Greta non è proprio una favola”. Il motivo? Dietro di lei ci sarebbe una “macchina mediatica targata Thunberg, il think tank del catastrofismo ambientale incarnato in una perfetta giovane influencer globale”.
Il quotidiano romano sostiene che “il nuovo comandamento” ci impedisca di “non dirci gretiani”, cioè seguaci della ragazzina di Stoccolma, e accusa “il circo” di Greta di “un sottofondo di cinismo”. La ragione sarebbe il tempismo con cui la giovane ha cominciato i suoi scioperi, il 24 agosto del 2018, “a distanza di soli quattro giorni” dalla pubblicazione del libro di suo mamma, la cantante Malena Ernman. Una pubblicazione definita “ultra-ecologista” dal Messaggero, che definisce la coincidenza “una casualità un po' troppo poco casuale, e molto da marketing”.
Insomma, la prima puntata dello sciopero di Greta potrebbe essere stata l’arma mediatica della signora Ernman per promuovere il suo libro in uscita pochi giorni dopo.
Il presunto mago del marketing al fianco di Greta
A proposito di marketing: l’altra critica mossa alla giovane ambientalista ha un nome e un cognome, Ingmar Rentzhog. Un guru della materia da anni nel mondo dell’ambiente, prima con l’incarico nella Climate Reality Project di Al Gore, l’ex candidato alla Casa Bianca ambientalista, poi come fondatore di We don’t have time (letteralmente “non abbiamo tempo”), una start-up che mira a fondare un social network incernierato sull’emergenza climatica e che “riunisca milioni di membri per mettere pressione a leader, politici e società chiedendo loro di agire” per l’ambiente.
In che rapporti sono Greta e Rentzhog? Di certo è stato lui il primo a notare la ragazze fuori dal parlamento svedese, quel 24 agosto. Ha postato una foto su Facebook, e in pochi giorni il volto della ragazzina bionda sarebbe finito su giornali e tv nazionali.
Presto però cominciano a girare leggende metropolitane: Greta sarebbe la marionetta di Rentzhog. Ci si mette un giornalista svedese, Andreas Henriksson, che prima scrive su Facebook che lo sciopero della ragazza è “una campagna PR”, cioè di pubblicità, poi ritratta: “Greta non è un pupazzetto di Rentzhog. Le persone che diffondono questo sono pazzi ed estremisti di destra”, dice al giornale tedesco Spiegel.
I due cominciano a collaborare, in fondo sono entrambi attivisti per il clima, e Greta finisce tra consulenti di We don’t have time. La startup colleziona finanziamenti, poi la sedicenne si defila spiegando di aver voluto lei troncare ogni rapporto.
Ma Greta mangia alimenti impacchettati nella plastica?
Altre polemiche, decisamente più sterili delle prime due (che comunque sono state smentite a metà febbraio), hanno visto Greta finire nell’occhio del ciclone. La prima per un post su Instagram che la ritrae in treno mentre mangia: in quel caso, la giovane ambientalista venne attaccata perché nello scatto comparivano delle fette di pane confezionate in un pacchetto di plastica – il materiale tra i grandi incriminati da chi difende l’ambiente – e un paio di banane fuori stagione ed evidentemente non a chilometro zero.
In Italia, poi, alla ragazza sono state rivolte parole non esattamente accomodanti da Maria Giovanna Maglie - “Se non avesse avuto la sindrome di Asperger l’avrei messa sotto con la macchina”, Rita Pavone - “Sembra un personaggio da film horror” sparato via Twitter e seguito dalle scuse - e Vittorio Feltri - “Vive in Svezia dove fa un freddo cane e dovrebbe essere contenta di godere di un po’ di tepore. Stupidina”.
Nadia Toffa, pubblicando su Twitter un articolo del Foglio intitolato ‘Risparmiateci i bambini climaticamente corretti e gli adulti che li usano’, ha accusato “i potenti che non muovono un dito” e “sfruttano queste innocenti creature”. Che siano sfruttate per davvero non è dato saperlo; finora, a livello globale, di certo sono state unite.