E’ stata la strana alleanza tra droni, rocciatori alpini e muli a ridare sicurezza al Siq, il lungo e suggestivo canyon che porta i turisti a restare a bocca aperta davanti all’antica città di Petra, una delle sette meraviglie del mondo moderno. Sono stati i droni a permettere il ritrovamento di un sito mai esplorato prima, probabilmente un altare, che domina la città nabatea della Giordania. Saranno i laser scanner e la fotogrammetria a garantire il restauro della più monumentale delle tombe di Petra, la Tomba Palazzo.
Antico e ultramoderno si uniscono per riportare alla luce e proteggere le meraviglie di questa antica capitale, costruita sul letto di un fiume racchiuso tra alte montagne. Una posizione che per secoli la rese sicura e inaccessibile alle scorribande dei predoni del vicino deserto, ma che la rende fragile in occasione di ogni pioggia. Ora però le nuove tecnologie possono aiutare a evitare o prevenire i danni peggiori, mentre l’antica sapienza dei locali e di chi conosce l’alta montagna accompagna gli strumenti più sofisticati nella gestione di scavi e conservazione.
L’Italia, in collaborazione con Unesco, con due successivi interventi, uno cominciato nel 2011 e uno che inizia a metà aprile, ha prima messo in sicurezza le pietre pericolanti che rischiavano di precipitare al suolo lungo il chilometro del Siq, con possibili incidenti per turisti e guide. A questo progetto hanno lavorato il Cnr e Ispra con laser scanner 3D, fotogrammetria e l’innovativo sistema Gis (geographic information system) che acquisisce, conserva e analizza dati su un territorio e li elabora per rispondere alle esigenze di chi deve intervenire in quello spazio. Al termine di questa operazione i rocciatori alpini arrivati dall’Italia hanno addestrato i giovani giordani che ogni giorno si inerpicano sulle rocce di Petra, a piedi o con i loro muli, per formarli a evitare inutili rischi.
L’ultimo progetto finanziato dall’Italia, con un milione di euro, è stato spiegato a Sergio Mattarella durante la sua visita ufficiale in Giordania proprio da una italiana, Giorgia Cesaro, responsabile di Unesco in Giordania. La Tomba Palazzo, del secondo secolo d.C., ha alle spalle un serbatoio d’acqua che sbocca in una intricata rete di tubazioni e il tempo ha rovinato questo intrico, favorendo l’infiltrazione dell’acqua piovana. Con laser scanner 3D e l’uso dei droni, gli archeologi e gli scienziati italiani del Cnr e dell’Università di Urbino assicureranno nuova vita a uno dei monumenti più imponenti della città.
Due anni fa una ricerca con i droni e i satelliti, condotta da archeologi americani, ha portato alla scoperta di un monumento ad alta quota mai studiato prima, una piattaforma cerimoniale circondata da colonne.
Queste scoperte, così come la conservazione dei siti archeologici, sono essenziali per tutta la Giordania, paese di moderazione ed equilibrio nel Medio Oriente sempre sull’orlo di tensioni e conflitti. Un Paese che vive in gran parte di aiuti internazionali e ha come principale industria proprio il turismo: il 20% del Pil è garantito dagli arrivi di stranieri attratti dalle meraviglie e dal fascino di Petra, Jerash, del monte Nebo e del deserto. Dopo la guerra in Siria e il pericolo di infiltrazioni dell’Isis il turismo era però crollato, salvo riprendere negli ultimi anni: dallo scorso anno i turisti italiani sono raddoppiati passando da 50.000 a 100.000 e la speranza dei giordani è che la cultura possa aiutare il Paese a svilupparsi sempre di più.