La nave "Alan Kurdi" dell'Ong tedesca Sea Eye ha soccorso al largo della costa libica di Zuara 64 persone, di cui 10 donne, 5 bambini e 1 neonato. Lo ha reso noto in un tweet l'Ong che ora chiede che "Italia o Malta assegnino un porto sicuro di sbarco".
La risposta del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, è arrivata poco dopo: "Nave battente bandiera tedesca, Ong tedesca, armatore tedesco e capitano di Amburgo. È intervenuta in acque libiche e chiede un porto sicuro. Bene, vada ad Amburgo", ha affermato il capo del Viminale. Da Malta invece non si è ancora espresso nessuno.
È stata l'associazione Alarm Phone a intercettare - attorno alle 11 - la richiesta d'aiuto dei migranti, avvertendo immediatamente la guardia costiera libica e la stessa Sea Eye. Dato che il gommone non era nelle condizioni di raggiungere da solo un porto sicuro, "abbiamo deciso di evacuarlo immediatamente", ha spiegato Jan Ribbeck, uno dei responsabili della Sea Eye, il quale ha aggiunto che ora i profughi sono "al sicuro" sulla "Alan Kurdi".
L'imbarcazione però non è adatta a tenere a bordo così tante persone per molto tempo: pertanto il capitano ha chiesto alle autorità competenti di indicare il prima possibile un porto sicuro. All'appello di aprire i porti si è unito anche il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. "A poche ore dalla sparizione di una imbarcazione che aveva lanciato un sos inascoltato nel Mediterraneo, che fa temere il peggio, la presenza della nave Sea Eye in quella zona è riuscita a salvare vite umane, persone fra cui molti bambini. Mi auguro che nessun Salvini di turno, né in Italia né in Europa, pensi di poter fare campagna elettorale sulla pelle di questi esseri umani. Si indichi subito un porto sicuro a questa imbarcazione e a questi naufraghi. Un porto sicuro che non è certamente in Libia e che se non si trovano velocemente alternative potrebbe essere Palermo", ha spiegato il primo cittadino.
Nel frattempo la Guardia costiera libica ha intimato alle Ong di "non intervenire in acque territoriali per favorire le migrazioni irregolari e aiutare i trafficanti di essere umani". Ha minacciato inoltre di "applicare la legge e il diritto internazionali" per rispondere alle "gravi violazioni della sovranità libica".
Mediterranea Saving Humans, la rete di associazioni italiane che con la nave "Mare Jonio" - di cui fa parte Stefano Tria, figlio del ministro dell'Economia, Giovanni Tria - partecipa con le Ong alle azioni di monitoraggio della situazione nel Mediterraneo centrale, segnala invece che risulta ancora dispersa un'altra imbarcazione, con 50 persone a bordo.