Lo Yemen è alle prese con una guerra sanguinosa che va avanti da quattro anni; quasi cinque se si fa risalire l'inizio del conflitto alla conquista della capitale Sana'a da parte dei ribelli Houthi, allora sostenuti anche dalle truppe fedeli all'ex presidente Abdullah Saleh, ucciso poco più di un anno fa dagli stessi Houthi.
È stato nel marzo 2015 che ha preso il via l'operazione "Asifat al Azm", 'tempesta decisiva' in arabo, la campagna di bombardamenti aerei sullo Yemen, guidata dall'Arabia Saudita al fine di restaurare il governo defenestrato di Abd Rabbo Mansour Hadi. Finora sono stati circa 18 mila i raid aerei condotti da Riad e i suoi alleati - una serie di Paesi arabi e africani tra cui Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Egitto e altri, col sostegno logistico degli Stati Uniti - nelle aree controllate dagli Houthi (anche conosciuti col nome di "Ansarallah", i sostenitori di Dio), che l'Arabia saudita considera strumenti dell'espansionismo iraniano nella regione.
Un disastro umanitario
Circa 60 mila i morti sotto le bombe, milioni gli sfollati, ed una situazione umanitaria drammatica. Secondo i dati delle Nazioni Unite sono circa 90 mila bambini morti a causa della malnutrizione. Diciotto milioni di persone non hanno accesso all'acqua e ai servizi igienici, in quello che già prima della guerra era il Paese più povero del mondo arabo. E poi, da due anni, è in corso la piu' grande epidemia di colera del mondo, con oltre un milione di casi segnalati: 110 mila casi di colera registrati solo da inizio 2019 e 190 morti, un terzo dei casi riguardanti bambini sotto i 5 anni.
Nonostante la devastazione prodotta, la campagna militare saudita non ha prodotto un cambiamento nei rapporti di forza sul campo: il Paese rimane profondamente diviso, oltrechè lacerato, e la capitale Sana'a ancora saldamente in mano agli Houthi.
La situazione sul campo
Oltre alla capitale e alla loro città d'origine, Saadah, i ribelli Houthi controllano quasi tutta l'area occidentale dello Yemen - ad eccezione del sud-ovest -, compreso il territorio in cui passano gli oleodotti, a sud di Sana'a, nei pressi di Dhamar e Raymah, fino alla città di Taiz, dove si susseguono combattimenti su base quotidiana. Il governo di Mansour Hadi, sostenuto dalla coalizione araba, controlla tutta la costa sud occidentale del Paese, compresa la città portuale di Aden (in cui si trova la sua sede), oltre che le zone per lo più desertiche al centro dello Yemen.
Fino al 2016 Mukalla, città sulla costa meridionale, era saldamente in mano al braccio yemenita di Al Qaeda ma la coalizione è riuscita a riprenderne il controllo anche grazie ad una fanteria costituita da 30.000 uomini della forza locale d'elite Hadrami (dal nome della regione ricca di petrolio, Hadramawt), messa in piedi dagli Emirati Arabi Uniti. Al Qaeda continua tuttavia ad avere una presenza nel Paese. Lo scorso 25 marzo Abu Dhabi ha fatto sapere che l'aeroporto Al Rayyan di Mukalla, chiuso dal 2016, continuerà ad essere utilizzato per scopi militari dalle truppe emiratine.
Dei report di Al Jazeera e dell'Associated press hanno rivelato tuttavia che la coalizione saudita avrebbe reclutato in segreto centinaia di qaedisti per la guerra contro gli Houthi, considerati "kuffar" (miscredenti, o anche "rafidi", "coloro che rigettano") da Al Qaeda, in quanto esponenti dello sciismo.