Trump crede a Kim sul caso del ragazzo morto dopo le torture

Se le trattative di Hanoi sul nucleare di Pyongyang si sono chiuse con un nulla di fatto, il presidente Donald Trump ha concesso al dittatore nordcoreano un lasciapassare sulla violazione dei diritti umani. "Gli credo sulla parola", ha detto Trump di Kim, che ha negato ogni coinvolgimento nelle torture allo studente americano di 22 anni, Otto Warmbier, morto ad una settimana dal suo rientro negli Stati Uniti in coma, nel giugno del 2017, dopo il rilascio dalla Corea del Nord.

"Non penso avrebbe lasciato che accadesse - ha argomentato Trump durante la conferenza stampa di Hanoi - mi ha detto che non ne sapeva nulla" e che è "molto dispiaciuto". Il giovane era stato arrestato in Corea del Nord il 2 gennaio del 2016, al termine di un viaggio-vacanza di cinque giorni iniziato in Cina, con l'accusa di aver rubato un poster di Kim. Era stato condannato a 15 anni di lavori forzati. Nonostante gli sforzi, l'amministrazione di Barack Obama non era riuscita sd ottenerne il rilascio. Il suo velocissimo processo è stato considerato una farsa e una ritorsione contro le sanzioni Usa.

"È stato torturato oltre l'immaginabile dalla Corea del Nord", aveva twittato Trump il 26 settembre del 2017, accusando pubblicamente il regime di Pyongyang. I genitori di Otto Warmbier hanno fatto causa a Kim per la morte del figlio, depositando il ricorso presso un tribunale di Washington nell'aprile dello scorso anno, alla vigilia del primo faccia a faccia tra Trump e il leader di Pyongyang, a Singapore, a giugno del 2018. Gli Usa hanno inserito la Corea del Nord nella lista degli Stati sponsor del terrorismo.

La Casa Bianca aveva detto di sostenere la battaglia legale dei Warmbier ma ora Trump sta con Kim e lo ha detto in mondovisione. Aveva fatto lo stesso dicendo di credere al presidente russo Vladimir Putin in merito alle interferenze di Mosca nelle presidenziali Usa del 2016 così come ha difeso il principe coronato saudita, Mohammed bin Salman, giudicato dall'intelligence Usa il mandante dell'omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi.