La "revoluciòn" si è aggiornata, con il benestare del popolo. È stato l'86,6% dei cubani, oltre 6,8 milioni di elettori, a votare Sì al nuovo testo della legge fondamentale di Cuba, quella che sotto l'egida del presidente Miguel Diaz-Canel è stata elaborata con il preciso scopo di garantire nuove aperture al mercato senza mettere in discussione i dogmi fondanti del socialismo in salsa castrista.
Anche grazie all'apporto massiccio degli organi di Stato, è sembrato una specie di rito collettivo: seggi elettorali affollati in tutto il Paese, nelle scuole elementari, negli uffici pubblici come nei club musicali, in più le scritte con l'appello "yo voto si'" che apparivano ovunque, sugli autobus, sui taxi, davanti alla porta di casa, sul muro del cimitero, sui muretti dei giardini comunali. Il tutto per dare una legittimità popolare alla nuova Costituzione, come ribadito senza tregua da tutti i media, in testa l'organo ufficiale del comitato centrale del partito comunista, il "Granma".
Nessun appello al No
Di eventuali appelli al "no" praticamente non v'è stata traccia, all'Avana come a Trinidad, a Santiago di Cuba come a Santa Clara, che ospita l'imponente memoriale dedicato al Che. Eppure, in un Paese abituato a consultazioni "bulgare", qualche sintomo di opposizione è comunque stato registrato. Sono stati circa 700 mila i cubani - ossia il 9%, della popolazione - ed essersi espressi per il no, il 4% ha dato scheda nulla o bianca. In tutto sono stati 7,8 milioni i cubani ad andare alle urne, su 9,2 milioni di aventi diritto: una partecipazione dell'84%.
E se sugli organi di stampa ed i media statali il "no" era del tutto assente, l'hashtag #YoVotoNo ha avuto una certa diffusione sui social, anche per l'opposizione delle chiese evangeliche all'apertura, più o meno esplicita, alle unioni tra le persone dello stesso sesso previste dalla nuova Costituzione: tema notoriamente tutt'altro che facile a Cuba.
L'importanza degli investimenti stranieri
In effetti, gli elementi di novità nella riforma costituzionale non mancano, e sono tutte legate ad una certa idea di modernizzazione, con le aperture al mercato che per la prima volta vengono associate alla formazione di un sistema bancario finanziario più agile, pensato per facilitare ulteriori investimenti stranieri. Non solo: la Costituzione prevede anche che il presidente non possa restare in carica oltre i due mandati di cinque anni ciascuno, mentre viene reintrodotta per la prima volta dal 1976 la figura del primo ministro. Per la prima volta viene ancorato nel Carta il principio della proprietà privata, così come si riconoscere che gli investimenti stranieri "sono un importante fattore della crescita economica nazionale".
Nessuna traccia di pluralismo politico: rimane immutato il ruolo guida del partito comunista. Però anche qui si registra un certo allentamento. La Costituzione del 1976 stabiliva che gli sforzi dello Stato erano orientati verso "gli alti fini della costruzione del socialismo e dell'avanzata verso la società comunista": è comunque significativo che nel nuovo testo sopravviva solo il riferimento al socialismo.
Per il governo è stato un trionfo
Subito dopo l'annuncio dei risultati del referendum, Diaz-Canel non ha mancato di salutare l'esito come un trionfo del popolo: "Sono molto orgoglioso di far parte di questo popolo eroico, coraggioso e forte", ha scritto il presidente su Twitter, aggiungendo che il consenso per la nuova Costituzione "è un immenso omaggio ai padri della nazione", ossia l'eroe e "apostolo dell'indipendenza cubana" José Marti e ovviamente Fidel e Raul Castro.
A detta del ministro degli Esteri dell'Avana, Bruno Rodriguez, questo voto è stato "risposta travolgente agli increduli di Washington, che parlavano della fine del socialismo". Di contro, per il segretario di Stato americano Mike Pompeo il referendum cubano è stato solo "teatro politico" messo in scena dalle autorità, nient'altro che "un pretesto per la dittatura di un solo partito". Per entrare effettivamente in vigore, la nuova Costituzione - formata da un preambolo e 224 articoli e redatta da una speciale commissione presieduta dall'ex presidente Raul Castro - dovrà essere licenziata in via definitiva dall'Assemblea nazionale, probabilmente entro aprile.
Archiviata, poco meno di un anno fa, l'era dei Castro, con il referendum il presidente Diaz-Canel intende anche dare un fondamento alla propria legittimità, a 60 anni dalla fuga di Batista e dell'ascesa al potere di Fidel. In nome della "revoluciòn" e del mercato, nuova versione di una difficile via cubana al futuro.