Un uomo ha tentato di uccidersi dandosi fuoco in Piazza Venceslao a Praga: esattamente come fece lo studente Jan Palach, il 19 gennaio di 50 anni fa, per protestare contro l'invasione sovietica. L'uomo, di cui non sono state rivelate né l'identità né le motivazioni, ha gravi ustioni alla testa e alle mani e attualmente è sotto coma artificiale.
Come ha precisato la polizia di Praga sul suo account Twitter, "secondo le prime informazioni, l'uomo, nato nel 1964, verso le 15 si è cosparso con un materiale infiammabile e si è dato fuoco". Le fiamme sono state spente da alcuni passanti. Le ustioni interessano, sempre secondo le forze dell'ordine, il 30% del corpo, e il suo trasporto in ospedale è stato effettuato dopo che i primi soccorsi hanno accertato il funzionamento delle vie respiratorie.
Il sacrificio di Palach
Il19 gennaio 1969: uno studente di filosofia, Jan Palach, arriva fino alla scalinata del Museo nazionale, si cosparge il corpo di benzina e si dà fuoco. In fiamme, riesce a saltare un parapetto e si mette a correre verso il centro della piazza. Urtato da un tram in corsa, poco dopo cade a terra. Alla scena assistono numerosi passanti, alcuni dei quali tentano di soccorrere il giovane spegnendo le fiamme con i cappotti: è ustionato su tutto il corpo ma ancora cosciente. "Ho fatto tutto da solo", riesce ancora dire. Lo studente è sempre rimasto lucido durante i tre giorni di agonia. Ai medici disse di essersi ispirato ai monaci buddisti del Vietnam.
Con il suo gesto Jan Palach, che aveva solo 21 anni, intendeva manifestare una forma di protesta estrema a favore del diritto al dissenso e contro l'invasione sovietica e dei carri armati degli altri Paesi del Patto di Varsavia con la quale era stata stroncata la "Primavera di Praga" - ossia la stagione di liberalizzazioni politiche e sociali che animarono la Cecoslovacchia nel 1968 con l'arrivo al potere del riformista Alexander Dubcek - stagione che lui aveva seguito con adesione e passione. Al suo funerale, il seguente 25 gennaio, parteciparono 600 mila persone, provenienti da tutto il Paese: e subito Jan diventò il simbolo della protesta contro l'occupazione sovietica.
In una lettera trovata nei suoi quaderni, Palach parlò di "un gruppo costituito da volontari pronti a bruciarsi per la nostra causa", che era quello di "scuotere la coscienza del popolo", ormai "sull'orlo della disperazione e della rassegnazione". Anche se non è noto se un gruppo del genere si fosse realmente costituito, almeno altri sette studenti arrivarono successivamente a togliersi la vita seguendo il suo esempio. Dopo la sua morte, Palach è assurto un vero e proprio simbolo laico contro l'oppressione, con strade e piazze intitolate con il suo nome in molti Paesi. Dopo il 1989 e il crollo del Muro di Berlino, fu Vaclav Havel - ex dissidente diventato presidente - a dedicargli una lapide, proprio in Piazza Venceslao.